Insurance Review | L’INNOVAZIONE È (ANCHE) QUESTIONE DI BRAND

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Al marchio è affidata la responsabilità di rinsaldare costantemente il suo rapporto con tutti gli stakeholder. Emanuela Ciuffoli, consulente al branding e formatrice in ambito strategie di marca e comunicazione digitale, riflette sulla necessità per le imprese di sapersi rinnovare e sull’importanza di mettersi costantemente all’ascolto del mercato per preservare (e aumentare) il proprio valore

È l’imprinting che le persone, anche a quelle più distratte, hanno di un’azienda. Ma è anche la sintesi della personalità dell’impresa stessa. Parliamo del brand (o marca, che dir si voglia) un elemento dotato di estremo valore, tanto tangibile quanto intangibile. La sua forza è data dall’insieme di attività di costruzione fatte dall’azienda, e da ciò che è il percepito nella mente del consumatore. È diventato un elemento strategico e molto delicato, in cui la capacità di innovare gioca un ruolo fondamentale, come spiega a Insurance Review Emanuela Ciuffoli, consulente al branding e formatrice in ambito strategie di marca e comunicazione digitale.

DUE LIVELLI DI INNOVAZIONE, UNA SOLA URGENZA: EVOLVERE

L’innovazione, oggi, si gioca su due piani distinti ma interconnessi. “Da un lato – spiega Ciuffoli – riguarda ciò che la marca fa per ripensare il proprio posizionamento, evolvere la comunicazione, rinnovare l’esperienza utente. Dall’altro, è una risposta costante a un contesto tecnologico in accelerazione, che impone al brand di rinsaldare continuamente la relazione con il proprio pubblico”.

Viviamo un’epoca di trasformazioni profonde e decise turbolenze, dove la velocità dell’innovazione impone un ritmo del tutto nuovo alla competizione. I brand non possono più permettersi di restare immobili: devono presidiare ogni punto di contatto (fisico e digitale) con i propri stakeholder, costruendo esperienze coerenti, memorabili, rilevanti. “Rispetto a dieci anni fa – continua Ciuffoli – i cicli tecnologici sono diventati così rapidi che impattano in breve tempo, e spesso anche in modo sorprendente, ogni touchpoint: dal sito web, ai comparatori, fino alle community e ai forum. Ogni interazione è un’opportunità, o un rischio, per la marca”.

LA NECESSITÀ DI RINNOVARSI 

Nessun brand può dirsi immune alla necessità di evolversi, nemmeno quelli con una riconoscibilità globale. “La Formula 1  – racconta Ciuffoli – ne è un esempio emblematico: nel 2017 ha dovuto ripensare radicalmente il proprio posizionamento per riconnettersi con i pubblici più giovani”. Una marca, anche la più iconica, deve infatti coltivare quotidianamente il rapporto con le persone. Perché le persone cambiano. Cambiano le aspettative, i valori, i comportamenti. E ciò che ieri funzionava, oggi può risultare già obsoleto. “Così, quando la Formula 1 è stata rilevata da Liberty Media è stata lanciata una potente strategia di riposizionamento del brand”. Perché il rapporto d’amore tra marca e consumatore va continuamente alimentato. Del resto i consumatori cambiano: l’esperienza di un 15enne non è la stessa di un 60enne. Non è però solo un tema generazionale. “La marca – osserva l’esperta – è un organismo vivente, e deve lavorare costantemente, mettersi all’ascolto. Se non aggiornata e innovata rischia di scomparire o di essere fortemente ridimensionata. È ciò che è accaduto a Blackberry e Nokia, una volta leader di mercato”.

La frequenza con cui si rende necessario un rinnovamento dipende da settore a settore. Ce ne sono alcuni più instabili, come ad esempio quello dell’intrattenimento. Ma in linea generale non c’è una scadenza, ma ci deve essere un ascolto costante del mercato. “In alcuni settori – dice Ciuffoli – il tema del cambiamento è più forte che in altri. Per quanto riguarda le assicurazioni un grande tema riguarda l’evoluzione degli stili di vita e il contesto di fruizione di certi servizi, in particolare nel mondo salute, dove oggi le polizze sanitarie sono molto più diffuse tra la popolazione e diversamente percepite rispetto al passato: c’è stato un cambiamento di contesto in cui si aprono delle opportunità per gli assicuratori, che richiede al contempo un cambio di paradigma”. 

DA MARCA A ECOSISTEMA

Oggi non basta più un logo. Serve un linguaggio visivo coerente, riconoscibile e adattabile. “Il logo da solo – sottolinea Ciuffoli – non è più sufficiente a raccontare una marca. Serve una visual identity articolata, capace di parlare attraverso forme, colori, icone, animazioni, suoni. Un sistema visivo che si muove con agilità tra ambienti digitali e fisici, tra micro-interazioni su app mobile e grandi superfici esperienziali”.

Amazon è un esempio virtuoso: “non si è limitata a un restyling grafico, ma ha costruito un vocabolario visivo che rafforza l’identità del brand in ogni punto di contatto, dall’unboxing di un pacco alla UX della piattaforma”. Ma il cambiamento non si ferma alla dimensione visiva. I brand stanno evolvendo in ecosistemi: sistemi complessi e interconnessi in cui prodotti, servizi, contenuti, community e customer journey si intrecciano in modo fluido. Un modello in cui la relazione con il consumatore non si esaurisce nell’acquisto, ma si estende nel tempo e nello spazio, diventando esperienza continua.

Apple – osserva Ciuffoli – non vende solo device. Propone un ambiente integrato in cui hardware, software, contenuti e servizi convivono in perfetta sinergia: musica, pagamenti, archiviazione cloud, salute, intrattenimento. È questa la nuova aspettativa del consumatore: non un prodotto, ma un mondo. Non una marca, ma un sistema coerente in cui muoversi con fiducia”.

In questo scenario, anche le assicurazioni sono chiamate a ripensarsi: da fornitori di polizze a facilitatori di esperienze. Un ecosistema assicurativo moderno può includere piattaforme di gestione sinistri, servizi di telemedicina, programmi di prevenzione, community di supporto, contenuti educativi. La domanda da porsi non è più solo cosa offro, ma che tipo di mondo sto costruendo attorno alla mia marca.

DAL GLOBALE AL LOCALE

Questo approccio olistico vale anche per gli attori locali e quindi per figure imprenditoriali come quelle degli intermediari assicurativi. “Oggi le persone cercano online, sì, ma vogliono anche dare un volto a ciò che trovano. Gli intermediari – spiega Ciuffoli – sono i capillari del brand, i vettori principali della generazione di fiducia”. Il suggerimento dell’esperta è quello di lavorare sulla coerenza con il brand madre, declinandola a livello locale, e costruendo esperienze di brand autentiche, coerenti e rilevanti per il proprio territorio.

Uno dei temi più in auge in questo momento è anche quello della revisione dei punti vendita, con la necessità di ripensare gli uffici aperti al pubblico per farli diventare dei touch point di valore nell’esperienza dell’utente. Secondo Ciuffoli, “le imprese locali devono ripensare le loro sedi come a degli hub, in modo che il punto vendita possa diventare qualcosa di più di un luogo in cui firmare dei documenti, cosa che ora si può fare anche a distanza. Si possono creare eventi, laboratori. Con la concorrenza del web è importante che l’esperienza reale sia qualcosa di più rispetto a ciò che il digitale può offrire. È una sfida che i singoli imprenditori locali possono interpretare al meglio perché conoscono le aree geografiche in cui operano e possono quindi comprendere ciò che può generare valore oltre la transazione”.

I MARCHI ASSICURATIVI PIÚ FORTI, SECONDO BRAND FINANCE 
I principali marchi assicurativi del mondo stanno crescendo. È quanto emerge dall’ultima classifica di Brand Finance: nove dei primi dieci brand assicurativi mondiali hanno aumentato il proprio valore nel 2025. I primi due marchi della classifica sono Ping An Insurance e Allianz, che mantengono le rispettive posizioni in testa alla top ten. Quello della compagnia cinese rimane il marchio dominante, con un valore stabile di 33,6 miliardi di dollari. Allianz è cresciuta del 9% nel valore del marchio a 26,7 miliardi di dollari, riducendo il divario in cima alla classifica. Al terzo posto troviamo Axa, salita sul podio superando China Life Insurance (ora quarta) grazie a un aumento del 20% del valore del suo marchio a 19,8 miliardi; il brand China Life è comunque cresciuto del 5%, raggiungendo 18,3 miliardi. 
Al quinto posto c’è la più importante compagnia italiana, Generali, il cui valore del marchio è in aumento del 47% a 17 miliardi. La forte crescita del valore del marchio del Leone, spiega Brand Finance, è guidata dall’espansione delle sue attività assicurative vita e danni, e dall’acquisizione di Liberty Seguros, che ha rafforzato la sua presenza in Spagna e Portogallo. “I punteggi di ricerca di Generali evidenziano la sua forte attenzione regionale, con prestazioni particolarmente elevate in Italia, Austria e Spagna”. Il forte legame emotivo del marchio è evidente nei suoi punteggi elevati “brand I love”, soprattutto in Italia e Austria, “sottolineando la sua radicata rilevanza locale e la fedeltà dei clienti in questi mercati chiave”.
Al Leone di Trieste fa seguito Allstate, con un valore del brand in aumento del 39% a 16 miliardi. Chiudono la top ten l’americana Geico e la cinese Picc, i cui rispettivi brand valgono entrambi all’incirca 15 miliardi; seguono MetLife (14,5 miliardi) e Progressive (12,2 miliardi). 
Le uniche altre compagnie italiane nella top 100 sono Poste, sedicesima, e Unipol, quarantaquattresima.

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