Con i dazi le telecomunicazioni rischiano di vedersela peggio del previsto

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È decisamente ancora presto per capire quali saranno gli impatti dei dazi sulle telecomunicazioni. Quel che è certo è che la partita non sarà neutra in particolare per le cosiddette componenti attive delle reti”: Luigi Piergiovanni, presidente di Anie Sit, l’associazione di Confindustria che rappresenta le imprese di rete, accende i riflettori su tutta una serie di tecnologie che potrebbero subire rincari e su cui si potrebbe persino creare un eccesso di approvvigionamento in questa fase di “limbo” alla stregua di quanto avvenuto durante il Covid.

Primi effetti sulla roadmap Pnrr?

L’associazione di Confindustria che rappresenta le imprese di rete, ossia le aziende che si occupano della progettazione, realizzazione e manutenzione delle infrastrutture per conto degli operatori di telecomunicazioni, si è messa all’opera per una ricognizione della situazione e il 7 maggio in occasione della convention annuale a Roma farà il punto sulla roadmap del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) e sulle eventuali ripercussioni dei dazi sulle telecomunicazioni. Il conto alla rovescia verso la deadline di giugno 2026 è ormai scattato e ci sono ritardi sui piani di infrastrutturazione legati ai bandi pubblici, in uno scenario geopolitico che si fa sempre più complesso.

Le tecnologie a rischio

Apparati di rete, server, storage, tecnologie Dwdm, dispositivi Cpe, software e chip: queste secondo Piergiovanni le componenti a rischio e la lista potrebbe allungarsi. “Molte di queste soluzioni sono prodotte in Cina su componenti Usa dunque potrebbero subire notevoli rincari. A catena ciò potrebbe impattare sugli investimenti delle telco nelle reti fisse e mobili: gli operatori in Europa sono già in difficoltà e le roadmap infrastrutturali stanno marciando al ralenti. Tutta la filiera delle Tlc potrebbe essere potenzialmente coinvolta, dunque serve un’analisi accurata per comprendere come rischia di evolvere lo scenario”.

Anche Asstel, l’Associazione di Confindustria che rappresenta la filiera delle telecomunicazioni, si interroga sull’effetto dazi e riferisce a Wired che “sono in corso approfondimenti”.

Consumi energetici e cloud, le “spine” nel fianco

Lato operatori l’amministratore delegato di Tim, Pietro Labriola, considera “ridotto” l’impatto dei dazi “in quanto le società che forniscono prodotti sono cinesi o europee”. E approfittando del palco dell’evento “Telecommunications of the Future” andato in scena il 9 aprile a Roma ha ricordato che il “dazio” più pesante è quello dei costi energetici.Il settore delle Tlc affronta costi energetici insostenibili, che incidono pesantemente sulla nostra capacità di investire”.  Secondo Labriola più che sulle reti però bisogna concentrarsi sul cloud, sui cui le telco hanno virato parte degli investimenti nell’ambito della sfida B2B. Una voce che nei fatturati sta peraltro crescendo a due digit. Il vero salasso potrebbe arrivare, come peraltro segnalato dal presidente di Anie Sit, sulla componente software: “Non c’è un settore che non usi software americano, dobbiamo tornare a discutere di cloud sovrani”, ha esortato Labriola.

I “campioni” europei e l’effetto Cina

Se è vero, come evidenzia l’ad di Tim, che le società che forniscono prodotti per le reti sono europee o cinesi, la questione non va però sottovalutata: Nokia ed Ericsson, i due “campioni” europei e non solo (sono le due network company più attive a livello mondiale) saranno davvero immuni dai dazi americani? L’eventuale impennata di acquisti di componenti made in China da parte dell’Europa, componenti che – è risaputo – sono proposti a prezzi al ribasso, quale effetto avrà sul business proprio delle europee Nokia ed Ericsson? Secondo alcuni analisti Ericsson e Nokia potrebbero risentire dell’impatto dei dazi sia direttamente sia indirettamente. Se è vero che le due società vantano stabilimenti produttivi negli Usa nonché in molti altri Paesi a livello mondiale ciò potrebbe non bastare a compensare l’effetto dazi. E c’è un tema importante: chi si farà carico degli eventuali extra-costi? Le network company li scaricheranno sulle telco e queste a loro volta sui consumatori?



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