strategie aziendali per ridurre il gender gap

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Si è svolto lo scorso 12 marzo, presso la Casa delle Tecnologie Emergenti di Roma, il panel “Parità di genere nei luoghi di lavoro: a che punto siamo? Gli strumenti a disposizione delle aziende per ridurre il gender gap”. L’evento, organizzato dalla consulente del lavoro e divulgatrice Elisa Lupo in collaborazione con la Rome Future Week, ha visto la partecipazione di sette esperti, tra rappresentanti istituzionali e aziende che hanno condiviso esperienze e prospettive sulla parità di genere nel mondo del lavoro, in un contesto sempre più dinamico e complesso.

Inclusione e lavoro, un cambiamento da tutelare

Ad aprire il confronto è stata Elisa Lupo, che ha messo in luce le sfide globali legate alla D&I: «Mentre dall’altra parte del mondo c’è chi ritiene quelle della Diversity & Inclusion ‘pratiche pericolose, umilianti ed immorali’, in Italia le aziende che si certificano per la parità di genere crescono. Il paradigma sta cambiando, ma dobbiamo difendere ciò che abbiamo conquistato».

La certificazione per la parità di genere, introdotta dal PNRR e regolamentata dalle leggi n. 162/2021 e n. 234/2021, è stata il fulcro del dibattito, spingendo aziende e istituzioni a confrontarsi sulle strategie adottate per ridurre il divario di genere. I dati dimostrano l’efficacia della misura: dalle 1.800 aziende certificate nel 2023, si è passati a 6.800 nel 2024. Incentivi fiscali e premialità nei bandi pubblici hanno motivato molte realtà a certificarsi, pur affrontando non poche difficoltà.

Laura Dell’Aquila, Membro del core team di InclusioneDonna, ha sottolineato il valore della certificazione: «Un provvedimento che nasce più per favorire il bilanciamento salariale che per incentivare il tasso di occupazione femminile, ma che nella realtà dei fatti crea un ecosistema più favorevole in generale: dall’azienda alla società tutta».

Marco Russomando, Chief HR di illimity, ha poi raccontato il percorso della sua azienda: «Ci siamo subito accorti che le aziende che trasformano le impari opportunità in pari sono in grado di attrarre i talenti migliori, e quindi di essere più produttive. Ma i talenti migliori sono di tutti i sessi, motivo per cui l’ecosistema deve essere inclusivo per tutti».

Tuttavia, nonostante il contesto favorevole, Russomando ha anche fatto luce su alcune criticità: «Ci siamo dovuti scontrare con il fatto che sarebbe stato difficile per noi equiparare il numero di lavoratrici a quello dei lavoratori a causa di un gender gap negli ambiti economico e tech. Dobbiamo migliorare il numero di donne manager, ma stiamo già lavorando ad una accelerazione della crescita dei più giovani che lo meritano».

Un percorso di consapevolezza e trasformazione

Per Elisa Lupo, la certificazione rappresenta un’opportunità per le aziende di mettersi in discussione: «Anche l’impresa che sente di essere inclusiva e paritaria, dovendo presentare i dati, prende coscienza, conti alla mano, che così non è».

Silvia Favulli, D&I manager di SCAI Comunicazione, ha confermato questa dinamica: «Anche se siamo un’agenzia piccolina, per noi è stato complesso rimettere mano ai processi affinché garantissero equità, ma poi è stata evidente l’opportunità che questo per noi ha rappresentato in termini organizzativi. E i numeri, a distanza di un anno, lo confermano».

Anche aziende con una forte presenza femminile hanno trovato nella certificazione un’opportunità di consolidamento. Challenge Network ed EP, due realtà che operano rispettivamente nella formazione e nella ristorazione collettiva, hanno valorizzato questo strumento per rafforzare il proprio impegno sulla parità di genere.

Rossella Russo, Responsabile Pubblica Amministrazione di Challenge Network, ha sottolineato l’importanza della formazione interna per cambiare mentalità, mentre Francesca Esposito, Dirigente del dipartimento costi di EP, ha raccontato un esempio concreto dell’impatto dell’inclusione: «Qualche anno fa ci è stata segnalata da una nostra dipendente una donna che portava il braccialetto elettronico perché vittima di violenza. Ci ha chiesto se potevamo assumerla e noi abbiamo detto subito sì. Oggi è una delle nostre migliori dipendenti».

Anche il Comune di Roma ha deciso di certificarsi, nonostante l’assenza di un obbligo normativo per le pubbliche amministrazioni. Alessandro Piperno, membro dello staff dell’Assessora Monica Lucarelli, ha spiegato la scelta, sottolineando anche il legame tra parità di genere e produttività: «Per il Comune è importante portare il proprio esempio per indirizzare verso certi standard, per noi fondamentali. L’Assessorato, che si chiama delle Pari Opportunità e delle Attività Produttive, porta nel suo nome un intento programmatico: le pari opportunità sono il motore delle attività produttive».

Inclusione e lavoro, il “valore economico” della parità

A chiudere il dibattito, un dato significativo: nel 2023 il Premio Nobel per l’economia è stato assegnato a Claudia Goldin per le sue ricerche sull’occupazione femminile, a conferma di come il tema sia una questione economica oltre che sociale.

Marco Russomando ha quindi lanciato un appello agli imprenditori: «Non bisogna rimanere ciechi di fronte all’evidenza che le nuove generazioni non considerano più solo lo stipendio come asset per scegliere un’azienda. Hanno a cuore il work-life balance e i valori della stessa, anche il più ottuso deve aprire la mente».

Guardando al futuro, la discussione si è chiusa con una riflessione sugli scenari internazionali e sulle sfide poste da alcune tendenze populiste. Russomando ha concluso con un monito: «Ora l’Europa ha due strade: o si adegua, o si riscopre continente libero e difende ciò che ha faticosamente raggiunto. Ma per difenderlo ci vuole coraggio, dal latino coraticum, ci vuole cuore».



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