Capitale della Cultura: «Cinema Massimo e San Filippo nell’oblio»

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«Con l’approssimarsi del 2026, anno in cui L’Aquila sarà Capitale Italiana della Cultura, cresce l’attesa per un appuntamento che dovrebbe rappresentare una svolta storica per la città e per il suo rilancio culturale, turistico ed economico: si studiano le possibili iniziative, si discute di accoglienza turistica, promozione del territorio ed eventi di richiamo nazionale e internazionale. Tuttavia, un silenzio sempre più assordante grava sul destino di alcuni tra i principali edifici culturali cittadini, a cominciare dal Cinema Massimo e dal Teatro San Filippo e proseguendo con l’Auditorium “Nino Carloni”, il Sant’Agostino e diversi altri».

Un tema su cui interviene ancora una volta il consigliere comunale del Gruppo misto Alessandro Tomassoni, che lancia l’allarme: «Il rischio concreto è che, nel 2026, L’Aquila si presenti per l’occasione con molti dei suoi luoghi identitari ancora chiusi – a partire dal Teatro Comunale, la cui inutilizzabilità per il 2026, nonostante le ulteriori somme attinte dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione per il completamento lavori, è pressoché certa – bloccati in un limbo fatto di ritardi progettuali, incertezze burocratiche e promesse disattese, tutto ciò nel momento in cui la città dovrà mostrarsi al meglio all’Italia e al mondo».

Il cinema Massimo, precisa, «simbolo della cultura cinematografica cittadina, nonostante i finanziamenti già stanziati (tra cui 7 milioni dal Cipess) e i progetti affidati, vede oggi i lavori bloccati. E’ bene ricordare come il primo stralcio del II lotto fu approvato nel 2020 con D.G.C. n.545 e il contratto per la redazione del definitivo venne stipulato il 13 dicembre del 2021. Dopo oltre un anno e mezzo dalle stringenti ‘integrazioni’ della Soprintendenza, chiamiamole così le (giuste) critiche sulla scelta di privilegiare interventi modernizzanti a scapito del restauro conservativo degli storici elementi architettonici di pregio frettolosamente ‘messi da parte’, resta ancora incerto cosa sia stato effettivamente ad oggi realizzato e quale sia, inoltre, l’esito della verifica del progetto definitivo del primo lotto, approvato con determina dirigenziale n. 2717/2024 e di cui oggi si sa poco o niente. Una soluzione ragionevole per accelerare i tempi di recupero, ora come ora, potrebbe essere unificare i due lotti previsti inizialmente in un unico appalto».

«Nel frattempo, cresce il malcontento tra cittadini e operatori culturali, che chiedono soluzioni alternative temporanee. Una su tutte: l’apertura della ‘Sala Giovanni Paolo II’ a Palazzo Spaventa, restaurata da due anni ma inspiegabilmente inutilizzata. Perché il Comune non si fa promotore di un accordo con la proprietà per restituirla almeno temporaneamente alla fruizione pubblica? – chiede Tomassoni – Ancor più paradossale la situazione del Teatro San Filippo, un monumento all’immobilismo più che alla cultura: piccolo capolavoro del barocco, restaurato strutturalmente già nel 2017, ad oggi rimane ancora chiuso. Le risorse economiche non sono certo mancate, come pure le promesse di riapertura fin dal 2019, ma oltre all’incompletezza dell’arredo scenografico, al mancato acquisto delle poltroncine da sala, su tutto pesa il nodo burocratico della mancata definizione del passaggio della proprietà dal Fec (Fondo Edifici di Culto), quindi Ministero dell’interno, al Comune».

«Nel frattempo – conclude il consigliere – nulla impedirebbe di stipulare una convenzione temporanea tra gli Enti coinvolti, a opera ultimata, per consentirne il riutilizzo proprio in vista del 2026, così da “tamponare” la carenza di spazi utili per gli eventi. Per scongiurare, dunque, che L’Aquila Capitale della cultura 2026 rimanga un appuntamento “monco”, un momento sicuramente di grande prestigio e di alto livello ma privo delle fondamenta su cui continuare a costruire una vera rinascita sociale e culturale, occorre un cambio di passo urgente, una presa di responsabilità concreta e visibile- conclude il consigliere Tomassoni, ribadendo il suo impegno a sollecitare risposte nelle sedi opportune sul recupero delle suddette strutture».



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