Nel 2035 in provincia ci saranno oltre 23mila lavoratori in meno

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Entro i prossimi dieci anni, la popolazione in età lavorativa presente in Italia diminuirà di quasi 3 milioni di unità (precisamente 2.908.000), pari a una riduzione del 7,8 per cento. All’inizio del 2025 questa fascia demografica contava 37,3 milioni di persone; si prevede che la platea nel 2035 scenderà a 34,4 milioni. Il calo è attribuibile al progressivo invecchiamento della popolazione: con un numero sempre più ridotto di giovani e un consistente gruppo di baby boomer  prossimo all’uscita dal mercato del lavoro per raggiunti limiti d’età, il nostro Paese rischia lo “spopolamento” della coorte anagrafica potenzialmente occupabile. Tutte le 107 province italiane monitorate nello studio della Cgia, registreranno entro il prossimo decennio una variazione assoluta negativa, confermando che il fenomeno colpirà indistintamente tutte le aree del Paese. 

Latina, in questa classifica, si posizione al 69esimo posto su 107: nel 2025 la popolazione in età lavorativa è di 365.503, nel 2035 sarà di 341.579. Una diminuzione del 6,5% per un totale di 23.924 lavoratori. 

Progressivo rallentamento del Pil


Se si considera il declino demografico insieme all’instabilità geopolitica, alla transizione energetica e a quella digitale, nei prossimi anni le imprese sono destinate a subire dei contraccolpi molto preoccupanti. La difficoltà, ad esempio, nel reperire giovani lavoratori da inserire nelle aziende artigiane, commerciali o industriali è un problema sentito già oggi, tra un decennio sarà peggio. È importante sottolineare che chi spera in un’inversione del trend demografico rischia di rimanere deluso, poiché non esistono misure efficaci in grado di modificare questa tendenza in tempi ragionevolmente brevi. Inoltre, nemmeno il ricorso alla manodopera straniera potrà risolvere completamente la situazione. Di conseguenza, dobbiamo prepararci a un progressivo rallentamento del Pil, spiega la Cgia. 

Pmi più penalizzate


Da qualche anno in tutto il Paese le imprese denunciano grosse difficoltà nel reperire personale qualificato da inserire nei propri organici. Nei prossimi anni, tuttavia, il Mezzogiorno potrebbe incontrare meno problemi rispetto al Centronord. A differenza di quest’ultimo, infatti, il Sud e le Isole presentano tassi di disoccupazione e inattività significativamente elevati, che potrebbero consentire di colmare almeno parzialmente le lacune occupazionali previste soprattutto nel settore agroalimentare e in quello turistico-ricettivo. È altresì evidente che molte aziende, in particolare quelle di piccole dimensioni, saranno costrette a ridurre gli organici a causa dell’impossibilità di procedere ad assunzioni. Per quanto riguarda le medie e grandi imprese, invece, la problematica potrebbe risultare meno rilevante: grazie alla possibilità di offrire salari superiori alla media, orari flessibili, benefit e pacchetti significativi di welfare aziendale, i giovani presenti sul mercato del lavoro tenderanno a preferire le realtà più strutturate piuttosto che le piccole e micro imprese che solo in piccola parte sono in grado di erogare tali benefici.

 



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