OroArezzo si apre fra i timori delle aziende orafe

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L’effervescenza dell’anno scorso si è dissolta. Alla vigilia della fiera OroArezzo (10-13 maggio ad Arezzo Fiere), il distretto orafo più importante d’Italia si trova immerso in una palude fatta di timori per i dazi americani, oscillazione quotidiana del prezzo dell’oro, rallentamento dei mercati trainanti come Turchia e Emirati Arabi, ma anche dell’Europa e dell’Italia.

Obiettivo: stimolare compratori prudenti e attendisti

Il salone orafo aretino organizzato da International Exhibition Group (Ieg), che in questa 44esima edizione vedrà diminuire le aziende espositrici (erano 370 l’anno scorso, di cui 240 di oreficeria e gioielleria, semilavorati e componenti, pietre preziose; 63 produttori di macchine per il settore orafo; 48 venditori sul ‘pronto’, il cosiddetto cash&carry), cercherà di stimolare compratori prudenti e attendisti.

L’oscillazione del prezzo dell’oro e i dazi americani hanno rallentato le vendite

“Con un prezzo dell’oro che un giorno taglia il record di 98 euro al grammo e il giorno dopo scende a 91 euro, per poi risalire a 96 euro, è impossibile lavorare – spiega Giordana Giordini, presidente della sezione Oreficeria e Gioielleria di Confindustria Toscana Sud – In più i dazi decisi da Trump, per adesso il 10% che si è aggiunto al 5,8% già esistente nel nostro settore, col rischio di salire al 25% il prossimo luglio, hanno alimentato una preoccupazione che coinvolge tutti. Anche perché col dazio al 25% e gli aumenti delle quotazioni dell’oro, una collanina da 14 carati che pesa cinque grammi passerebbe da un prezzo di 299 dollari a 430 dollari”. Confindustria sta lavorando per far capire che non si può pagare il dazio sulla materia prima, ma l’operazione s’annuncia difficile. “L’altra cosa negativa – aggiunge Giordini – è che gli Usa hanno messo alla Turchia un dazio del 10% e, siccome in Turchia ci sono importanti fabbriche di produzione orafa, con un vantaggio di questo genere conquisteranno quote sul mercato americano a nostro danno”.

Alla ricerca di nuovi mercati (anche vicini e senza dazio)

L’unica strada sembra andare verso la ricerca di nuovi mercati. In questo può aiutare il recente studio sulle vendite di oreficeria e gioielleria in cinque Paesi europei (Regno Unito, Germania, Spagna, Francia e Italia) commissionata a Yoodata dall’Agenzia Ice in collaborazione con Confindustria-Federorafi. La ricerca, sulla quale si rifletterà proprio nel corso di OroArezzo dopo che è stata presentata in tutti i distretti orafi italiani, indica il Regno Unito come primo mercato per le vendite di gioielleria (5.242 milioni di euro nel 2023), seguito da Francia (4.923 milioni di euro), Italia (4.184 milioni di euro) e a poca distanza Germania (4.087), mentre la Spagna è fanalino di coda (1.636 milioni di euro). Il ‘made in Italy’ risulta un fattore di successo, anche se all’estero ciascuno apprezza di più le produzioni del proprio Paese (ad eccezione del Regno Unito che apprezza il made in Uk come il made in Italy).

Nel 2025 nessuno si aspetta di ripetere le performance del 2024

Tornando al distretto di Arezzo, nel 2024 l’export di oreficeria e gioielleria aretina è schizzato a 7,7 miliardi (+120%), grazie a due fattori “anomali”: l’aumento delle quotazioni dell’oro e il boom di vendite verso la Turchia (+523% sopra 4,7 miliardi di euro), legato alla modifica del regime fiscale turco sull’oro grezzo. Ma nel 2024 è aumentato anche l’export di gioielli aretini verso gli Stati Uniti (+6,5%). Quest’anno nessuno si aspetta di ripetere performance del genere.





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