Fondi del Recovery, la Corte dei Conti UE accusa: “Controlli inadeguati su appalti e aiuti di Stato”.

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Gravi lacune nei controlli, assenza di misure correttive efficaci e rischi concreti di uso improprio dei fondi europei. È quanto emerge dal Rapporto speciale 09/2025 della Corte dei Conti europea, che punta il dito contro la Commissione per la gestione del Recovery and Resilience Facility (RRF), lo strumento cardine del piano di ripresa post-Covid dell’UE.

Il documento denuncia in particolare l’incapacità della Commissione di garantire che gli Stati membri rispettino le norme sugli appalti pubblici e sugli aiuti di Stato, nonostante gli obblighi previsti dalla normativa europea.

Una accusa pesante che ha registrato oggi la replica dal vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Valdis Dombrovskis: “I pagamenti del RRF vengono effettuati solo dopo che gli Stati membri hanno dimostrato il raggiungimento di obiettivi e traguardi prefissati e la responsabilità primaria del rispetto delle normative UE e nazionali – comprese quelle su appalti e aiuti di Stato – spetta agli stessi Stati membri”.

Dombrovskis ha inoltre sottolineato che la Commissione ha rafforzato nel 2023 la propria strategia di audit, ampliando il perimetro dei controlli proprio in risposta alle raccomandazioni della Corte dei Conti e del Parlamento europeo. “Qualora emergano gravi irregolarità, come frode, corruzione o conflitti di interesse, la Commissione è pronta ad applicare correzioni e recuperi di fondi”, si legge nella nota ufficiale.

Tuttavia, resta aperto il nodo dell’effettività dei controlli e della trasparenza nell’uso di centinaia di miliardi di euro. La denuncia della Corte dei Conti, d’altronde, ha messo in luce un sistema dove, a fronte di meccanismi di verifica formalmente previsti, mancano spesso strumenti incisivi per garantire l’effettiva correttezza nell’impiego dei fondi. Una debolezza che, di fatto, continua a minacciare la residua fiducia dei cittadini nell’intero impianto del Next Generation EU.

Secondo il Rapporto speciale 09/2025 della Corte dei conti europea, diversi Stati membri dell’Unione Europea presentano criticità significative nella gestione dei fondi del Recovery and Resilience Facility (RRF), con particolare attenzione alle normative sugli appalti pubblici e sugli aiuti di Stato. In particolare, l’Italia, la Polonia, la Spagna e la Romania sono stati identificati come i più a rischio di non rispettare i traguardi e gli obiettivi prefissati.

L’Italia è tra i Paesi con il più alto volume di fondi RRF assegnati, ma la Corte dei conti europea ha evidenziato che solo il 62% degli investimenti previsti è programmato per essere completato nel 2026. Ritardo che potrebbe compromettere la capacità del Paese di rispettare le scadenze e gli obiettivi stabiliti. Inoltre, la Corte ha rilevato difficoltà amministrative, tra cui un elevato turnover del personale e la complessità delle procedure di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Ancora, la Polonia ha previsto di completare il 70% dei suoi investimenti RRF nel 2026. Tuttavia, la Corte dei conti europea ha espresso preoccupazione per la gestione dei fondi, sottolineando che la Polonia è attualmente coinvolta in procedimenti disciplinari legati allo stato di diritto, con circa 134 miliardi di euro in gioco.

La Spagna, dal canto suo, ha programmato di completare il 30% dei suoi investimenti RRF nel 2026. Anche se il Paese ha ricevuto una percentuale significativa dei fondi, la Corte dei conti europea ha evidenziato che la Spagna deve affrontare sfide amministrative e procedurali per garantire l’efficace utilizzo dei fondi e il rispetto delle normative sugli appalti pubblici e sugli aiuti di Stato.

Infine, la Romania, come altri Stati membri, ha programmato una parte significativa dei suoi investimenti RRF per il 2026 ma, come rilevato dalla Corte dei Conti europea, sono deboli i sistemi di controllo e di monitoraggio per garantire la corretta gestione dei fondi e il rispetto delle normative europee.

foto Governo.it licenza CC-BY-NC-SA



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