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Città del Vaticano, 6 mag. – (Adnkronos) – La fumata bianca sale nel cielo di Roma, le campane suonano a festa, e milioni di fedeli attendono trepidanti l’annuncio: “Habemus Papam”. Ma subito dopo il nome dell’eletto, ce n’è un altro che desta curiosità: il nuovo nome pontificale. Perché un uomo, salito al soglio di Pietro, cambia nome? E come viene scelto questo nuovo appellativo che accompagnerà la sua missione universale?

La consuetudine del cambio di nome da parte dei papi non risale agli albori della Chiesa. I primi vescovi di Roma, incluso San Pietro, mantennero i loro nomi di battesimo. Il primo Pontefice a scegliere un nome diverso fu Giovanni II, nato Mercurio di Proietto, nel 533. Il suo nome pagano che richiamava una divinità romana non era ritenuto adatto alla guida della cristianità.

Fu solo nei secoli successivi che la pratica divenne consuetudine. Dal X secolo in poi, ogni Papa ha scelto un nome regale e spirituale al momento dell’elezione, consolidando una tradizione ormai inseparabile dalla figura pontificia.

La scelta del nome pontificale è profondamente personale e simbolica. Spesso è un omaggio a predecessori ammirati o santi ispiratori. Giovanni Paolo I, eletto nel 1978, fu il primo a unire due nomi, rendendo omaggio a Giovanni XXIII e Paolo VI. Il suo successore, Giovanni Paolo II, ne riprese il nome per sottolineare continuità e fedeltà alla sua visione. Papa Francesco, nel 2013, fu il primo a scegliere quel nome, ispirato a San Francesco d’Assisi, indicando una rottura simbolica con le gerarchie tradizionali e una rinnovata attenzione alla povertà, all’umiltà e all’ambiente.

Dalla nascita della Chiesa cattolica ci sono stati 266 Pontefici, e ben 81 hanno portato uno dei cinque nomi più usati nella storia: Giovanni 23 papi; Gregorio 16 papi; Benedetto 16 papi; Clemente 14 papi; Innocenzo 13 papi. Il nome Pio è stato scelto da 12 papi, con l’ultimo – Pio XII – eletto nel 1939. Mai nessun papa ha scelto il nome Pietro II, in segno di rispetto verso l’apostolo fondatore. Altri nomi, come Caio o Urbano, sono caduti in disuso dopo i primi secoli.

La scelta del nome può indicare orientamenti teologici, dottrinali o perfino geopolitici. Pio IX (1846-1878), ad esempio, scelse un nome legato alla fermezza dottrinale, mentre Giovanni XXIII (1958-1963) segnò una svolta verso l’apertura e la modernizzazione, con la convocazione del Concilio Vaticano II. Alcune scelte sono state segnali forti anche sul piano interno: Benedetto XVI, con il suo nome, si ricollegava a Benedetto XV, papa della diplomazia durante la Prima Guerra Mondiale, e al fondatore dell’ordine benedettino, per sottolineare un ritorno alla radice spirituale della Chiesa.

Ogni nuovo Papa che sceglie un nome già utilizzato assume il numero progressivo. Il record? Giovanni XXIII, anche se c’è da notare che Giovanni XX non è mai esistito: il numero fu saltato per errore nel Medioevo. Solo in 35 casi nella storia il papa ha scelto un nome del tutto nuovo – come Francesco o Lando (l’unico con quel nome, regnò nel X secolo).

Il nome viene scelto subito dopo l’elezione, nella cosiddetta ‘Stanza delle Lacrime’, accanto alla Cappella Sistina. È lì che il nuovo Papa ha qualche minuto per riflettere, piangere – come spesso accade per l’emozione – e decidere come desidera essere ricordato nei secoli. Nessun regolamento, nessuna imposizione: solo coscienza e ispirazione.

Il nome pontificale non è solo una scelta anagrafica. È una dichiarazione di intenti, un legame con la storia e una bussola per il futuro. In un’istituzione millenaria come la Chiesa cattolica, dove simboli e gesti hanno un peso enorme, il nome è il primo – e forse il più potente – atto di governo del nuovo pontefice.

(di Paolo Martini)



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