«Credito e bassa redditività frenano le giovani imprese»

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In agricoltura formazione e competenze ci sono, il primo ostacolo all’imprenditoria giovanile del settore sta nell’accesso al credito. Per Donato Campolieti, direttore di Cia Alta Lombardia, molti giovani che entrano in agricoltura, spesso col desiderio di avviare delle startup, hanno già acquisito competenza professionale. «Molti provengono da istituti agricoli professionali o tecnici, sono laureati in veterinaria, agraria, scienze forestali. Ma aggiungiamo che esistono misure specifiche nel Psrn (il piano di sviluppo rurale nazionale) e nelle sue declinazioni regionali. Chi si avvicina al settore senza avere formazione scolastica o universitaria può frequentare questi corsi presenti in ogni regione e raggiungere una qualifica nell’arco di tre anni».

I punti di forza nel settore dunque non mancano, fra cui una politica comunitaria che per l’agricoltura stanzia sul 2025 53,75 miliardi di euro in impegni a 51,12 miliardi in pagamenti, con un invito, scritto nel parere al bilancio, a incrementare i fondi dal prossimo quadro finanziario pluriennale della programmazione che inizierà nel 2028. Per di più, aggiunge Campolieti, «tutta la programmazione europea è centrata sul ricambio generazionale in agricoltura, sulle startup, attraverso numerosi canali di finanziamento dedicati. Le opportunità ci sono».

Due ordini di difficoltà

Sono due, invece, sottolinea Campolieti, i problemi che impattano sui giovani fino a farli rinunciare ai progetti: «per gli investimenti comunque i giovani devono mettere una quota privata, che costituisce un ostacolo in quanto molto spesso un giovane non ha i soldi necessari per farlo. Ciò impatta sull’accesso al credito, per il quale servono garanzie e co-garanzia che spesso un giovane non riesce a dare», nonostante esistano sistemi di co-garanzia (inclusi i consorzi fidi associativi).

«Banche e altri istituti preposti alle co-garanzie non si assumono il rischio d’impresa – aggiunge Campolieti – tantopiù che c’è una difficoltà a dimostrare la redditività immediata dell’azienda, perché i business plan devono fare i conti con i tempi colturali o ciclici dell’agricoltura». L’altro problema sta nel fatto che «oggi tutti i settori dell’agricoltura hanno scarsissima redditività per la produzione primaria. C’è una forbice troppo ampia fra il prezzo corrisposto al produttore e quello al consumatore».

L’analisi di Coldiretti

Per Fortunato Trezzi, presidente di Coldiretti Como Lecco, nel settore “le competenze non sono certo un problema, ci sono e permettono a tanti giovani di entrare con buona preparazione in agricoltura sia per continuità aziendale di famiglia sia come creatori di nuova impresa. E’ invece difficile trovare giovani disposti a lavorare in agricoltura come dipendenti, nonostante il settore oggi dia tantissime possibilità di misurarsi con la tecnologia, che è nelle corde dei giovani”.

Sul Lario le imprese di giovani puntano soprattutto sulle attività ricettive, di trasformazione, di vendita diretta. Attività che richiedono investimenti contenuti, nei limiti delle possibilità di un giovane ad accedere a finanziamenti. E sono attività, assicura Trezzi, «che durano nel tempo e che sono in aumento fra gli under 35 e le donne, che oggi sul Lario sono titolari di un’azienda su tre. Pesano tuttavia ancora parecchio le difficoltà burocratiche sia per aprire una nuova azienda sia per introdurre migliorie. L’iter è ancora troppo pesante e oneroso, tanto da scoraggiare qualche giovane nel fare tutti i passaggi per aprire l’attività».

I problemi non mancano: quello in agricoltura è un lavoro che richiede sacrificio, dedizione, forza di volontà e che non concede soluzioni comode: «L’agricoltura richiede di mettersi in gioco in modo serio e strutturato. Dal punto di vista formativo istituti tecnici e università forniscono giovani preparati, sebbene poi conti molto l’esperienza pratica nelle aziende, anche per la capacità di adattamento che, al di là delle competenze tecniche, viene richiesto dalla realtà del lavoro. In tal senso forse qualcosa manca.

Ma ciò che osserviamo è che quando un giovane si mette a fare impresa in agricoltura lo fa bene, dà vita ad attività che funzionano e che durano nel tempo, anche a strumenti messi a disposizione dalle tecnologie dell’agricoltura 4.0 e all’utilizzo dei droni: aspetti che da un lato agevolano il lavoro e dall’altro lo avvicinano al sentire dei giovani dando loro delle soddisfazioni».

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