Lotta allo spopolamento: a fine mese scadono i termini per accedere al palliativo della Regione Sardegna.

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A pochi giorni dalla scadenza del “Bando incentivi per l’insediamento di nuove attività nei piccoli Comuni”, promosso dalla Regione Sardegna, torna d’attualità un tema tanto delicato quanto irrisolto: la lotta allo spopolamento dell’interno dell’isola. Sul piatto, come nelle precedenti edizioni, ci sono voucher da 15mila a 20mila euro destinati a imprenditori e professionisti disposti ad aprire un’attività nei centri con meno di tremila abitanti. Ma la domanda che si impone, oggi più che mai, è una sola: questi incentivi servono davvero?

L’intento dichiarato dell’iniziativa – contrastare lo svuotamento demografico e favorire lo sviluppo imprenditoriale nei territori più fragili – si scontra con una realtà ben più complessa. In un contesto dove mancano servizi essenziali, infrastrutture, connessioni digitali e prospettive concrete per i giovani, un contributo una tantum, seppur apprezzabile, rischia di rimanere un semplice cerotto su una ferita profonda. E nel frattempo i/le 60 consiglieri/e regionali destinano molte più risorse ad amici e sostenitori tra assestamenti di bilancio e manovre finanziarie… Insomma, perchè credere in un progetto personale di sviluppo e rilancio in una isola governata da una classe dirigente così misera e mediocre? Qualcuno pensa forse che sia la regione dove c’è sensibilità verso le esigenze delle imprese?

Ma, per i masochisti, l bando, rivolto a chi ha avviato un’attività tra il 1° gennaio 2022 e il 31 dicembre 2024 in uno dei Comuni ammissibili, si basa su un criterio di erogazione a sportello, ovvero in base all’ordine di arrivo delle domande. Un meccanismo che spesso premia la velocità, più che la reale sostenibilità delle idee imprenditoriali. E che, peraltro, non risolve il nodo strutturale: la carenza di visione a lungo termine.

L’incentivo, che può arrivare a 20mila euro solo in caso di incremento occupazionale certificato, viene erogato al netto di una ritenuta del 4%. Il tutto subordinato a requisiti burocratici precisi – come la regolarità del DURC e il pagamento del diritto annuale alla Camera di Commercio – che, seppur necessari, rischiano di scoraggiare proprio quei micro-imprenditori a cui il bando si rivolge.

Insomma, mentre le terre dell’interno continuano a svuotarsi e a invecchiare, si moltiplicano le iniziative che sembrano più pensate per fare notizia che per produrre risultati concreti. Il rischio è quello di confondere l’iniezione di liquidità con un vero progetto di rinascita territoriale. E intanto, i piccoli borghi continuano a spegnersi, un’attività alla volta. Nel solo primo trimestre 2025 in Sardegna (dove sono registrate 165.753 aziende al 31.03.2025) sono 2672 le aziende che hanno chiuso i battenti.

foto Greg Montani da Pixabay.com



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