a Torino quasi 10 mila aziende a guida straniera negli ultimi 10 anni – Torino Oggi

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Ad avviare un’attività imprenditoriale in Italia sono rimasti solo gli stranieri. Negli ultimi dieci anni (2013-2023) la città metropolitana di Torino ha registrato un aumento delle aziende a guida straniera di 9.313 unità a fronte di -30.749 chiusure di aziende torinesi (posizionandosi al quarto posto della classifica nazionale).

Sempre in questo decennio, la variazione assoluta più importante ha interessato la città metropolitana di Milano con un aumento delle aziende a guida straniera di 30.482 unità. Seguono Napoli con +15.399 e Roma con 11.690. In termini assoluti, il territorio che ne ospita di più è la città Metropolitana di Milano 92.168 unità. Seguono Roma con 69343 e Torino con 34.777.

Sono questi i dati più significativi del dossier “Ad aprire le imprese sono rimasti solo gli stranieri. O quasi” realizzato dalla CGIA di Mestre.

 “Un movimento in progressiva espansione, quello dell’imprenditoria immigrata– commenta Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torino – inoltre la crescita delle imprese con titolari stranieri non si limita a un semplice aumento numerico, ma abbraccia una trasformazione profonda di settori chiave”.

“La via dell’impresa si conferma una delle modalità attraverso le quali gli stranieri giunti nel nostro territorio possono integrarsi nel nostro sistema economico e sociale – aggiunge De Santis – allora vale la pena di ricordare che, oltre alle politiche di accoglienza, devono essere messi in campo strumenti e politiche di integrazione. Per questo l’immigrazione va governata, non subita”.

“Il lavoro è strumento di inclusione e servono programmi di formazione per accrescere le competenze dei lavoratori stranieri – ricorda De Santis tra questi il supporto all’avvio dell’attività imprenditoriale, dove le Associazioni di Categoria possono giocare un ruolo importante per chi vuole aprire una nuova impresa”.

“Valorizzare anche le realtà non italiane, quelle registrate presso le Camere di Commercio e che pagano le tasse come tutti i cittadini – conclude De Santissignifica anche impegnarsi per far emergere quelle sacche d’illegalità che rischiano di penalizzare le tante attività estere che, onestamente e con passione, concorrono allo sviluppo del nostro sistema produttivo. Significa anche contrastare con forza l’illegalità e il lavoro nero, che alimenta il sommerso e la contraffazione, penalizzando le imprese regolari torinesi e straniere”.

L’analisi settoriale nazionale di Confartigianato ha esaminato numerose evidenze sulla presenza degli stranieri nel mercato del lavoro e nel mondo delle imprese: nel 2024 in Italia risiedono 5,3 milioni di cittadini stranieri, pari all’8,9% della popolazione residente totale. Gli occupati stranieri tra 15 e 64 anni in Italia sono 2milioni 317mila, pari al 10,1% del totale dell’occupazione. Le entrate di lavoratori immigrati previste dalle imprese non agricole con dipendenti rappresentano il 19,2% delle entrate previste, con una difficoltà di reperimento del 54,8%. Il 21,3% del fabbisogno occupazionale previsto tra il 2024 e il 2028 è ricoperta entrate di lavoratori stranieri.

In Italia gli stranieri rappresentano il 6,5% del totale dei lavoratori indipendenti. La quota di indipendenti stranieri extra comunitari è del 4,9%, risultando superiore di 0,4 punti al 4,5% della media UE. Tra le persone con cariche nelle imprese nate in un paese straniero, prevalgono quella nate in Romania con il 10,1% del totale, Cina con il 10,0%, Marocco con l’8,4% e Albania con l’8,2% e Bangladesh con il 4,8%.

La componente straniera rappresenta il 14,7% dei dipendenti stranieri del settore privato non agricolo sono pari al 14,7% del totale e una quota analoga si osserva per gli apprendisti. Tra i sei maggiori contratti di lavoro siglati da Confartigianato la quota dei dipendenti stranieri è del 24,8%, oltre otto punti superiore al 16% dei 27 maggiori contratti di lavoro, con almeno 100mila dipendenti.

Gli occupati stranieri possono svolgere un ruolo cruciale in risposta alle attuali difficoltà delle imprese italiane nel trovare personale qualificato e alla prevista riduzione della popolazione in età lavorativa. Un’ordinata gestione dei flussi di migrazione e adeguate politiche di inclusione possono ridurre alcune criticità presenti nei processi di integrazione.





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