Dall’azienda di famiglia, tra scavi e betoniere, alla mostra romana «Made in Italy, impresa al femminile» – Giudicarie – Rendena

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DARZO. Quando le è arrivata l’e-mail di convocazione, Sonia Beltrami, imprenditrice e attivista del movimento Donne Impresa dell’Associazione Artigiani Confartigianato Trentino, l’ha cancellata pensando fosse spam. Solo quando è stata contattata dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha capito che stavano cercando davvero lei per la mostra “Made in Italy, impresa al femminile”, allestita a Roma.

Un’esposizione dedicata a oltre 100 imprenditrici italiane che hanno scardinato regole e stereotipi. Nata e cresciuta a Darzo, nell’azienda di famiglia, tra scavi e betoniere, già alle medie aiutava la mamma con la contabilità. A 20 anni entra in azienda, dopo una breve parentesi da un commercialista e da un geometra. «Sono cresciuta in un ambiente prettamente maschile, ma ho sempre cercato di trovare il mio spazio con determinazione. Ho seguito un percorso scolastico che non ho scelto io, ma che all’epoca sembrava l’unica strada possibile. In alcuni momenti mi sono sentita poco valorizzata nel mio ruolo, ma ogni esperienza, anche la più difficile, mi ha lasciato qualcosa e mi ha aiutata a crescere».

Nonostante tutto, dal padre Costante Beltrami, ha imparato molto. «Mi portava da piccolissima alle fiere dei mezzi, mi spiegava i motori, le cose che allora si credevano unicamente da maschi». Ha costruito con intraprendenza il suo ruolo, tra imposizioni, pregiudizi e pressione: «Non mi bastava essere messa da parte, dietro a una scrivania. Passavo parecchio tempo in cantiere. Prima ancora di partire con scavi e betoniere, mi volevo accertare che l’azienda fosse strutturata, rispettasse le norme di sicurezza e investisse nella formazione delle persone».

La corsa, praticata a piedi per anni e ora in sella alla sua moto, è diventata metafora perfetta della sua vita. «Ogni tanto la valigia era pronta, ma alla fine sono rimasta: la scelta più coraggiosa e difficile». Nel 2013, durante un periodo di crisi, guida l’unione dell’azienda acquisita dal padre con una concorrente. «Due realtà che si guardavano dai due lati del fiume Chiese, stesse attività, modalità di gestione diverse. È stato difficile, ma non mi sono arresa. Ho mantenuto la mia visione come guida per Betonscavi».

Oltre ai suoi due fratelli e soci, anche suo figlio e sua figlia iniziano a muovere i primi passi in azienda. «Il compito di un genitore è accompagnare, non indirizzare. I giovani devono poter scegliere il proprio futuro in libertà, senza il peso delle aspettative familiari, questo è quello che ho sempre detto ai miei figli». Essere tra le protagoniste della mostra a Roma la emoziona. «Andrò prossimamente a vederla. Una cosa, da questo riconoscimento, forse la so: sono sulla strada giusta». È il risultato della sua storia di vita, quella raccontata anche nel libro “Si può fare” del movimento Donne Impresa. «Lottare, combattere: sono parole che non dovrebbero nemmeno esistere. Ma se ti spianano la strada, non impari nulla. Le donne hanno davvero molta tenacia, per distinguersi devono impegnarsi di più».

E conclude: «L’imprenditoria è ancora piena di pregiudizi. I genitori hanno una grande responsabilità, evitando le differenze di genere nella crescita dei figli».





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