Tim Cook deve spiegare perché Apple è stata graziata dai dazi cinesi

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Come ha fatto Tim Cook ad ottenere per Apple l’esenzione dai dazi imposti sui prodotti cinesi? La domanda se la sono posta in molti nei giorni scorsi quando, dopo avere portato al 145% le tariffe di importazione, Donald Trump ha deciso di eliminare (pare temporaneamente) la gabella per il mondo dell’elettronica. Ma ora è anche la politica americana a chiederselo e a volere una risposta.

Ascrivere una lettera proprio a Tim Cook è stata la senatrice Elizabeth Warren, una democratica progressista, nota negli USA per il ruolo avuto nella creazione del Consumer Financial Protection Bureau (CFPB), l’agenzia federale per la tutela dei consumatori finanziari durante l’amministrazione Obama.

Obiettivo: capire se l’esenzione dai derivi da un trattamento di favore ottenuto grazie a pressioni partite da Cupertino e recepite alla Casa Bianca per via dell’atteggiamento accondiscendente verso le politiche MAGA.

Nella lettera ufficiale a Tim Cook, ottenuta da Bloomberg, Warren chiede conto in sostanza di eventuali pressioni esercitate da Apple per ottenere le esenzioni dai dazi, cercando di fugare i dubbi su possibili favoritismi ottenuti solo per il peso economico e politico dell’azienda.

«Nel migliore dei casi, il tuo impegno per eliminare i dazi sui prodotti Apple, e la successiva decisione del presidente Trump di esentare alcuni di questi prodotti, dà l’impressione di un comportamento improprio» ha scritto Warren.

«Tuttavia, le recenti notizie sollevano anche seri interrogativi sul grado in cui i grandi interessi economici delle corporation possano usare denaro e influenza per ottenere esenzioni dai dazi che non sono disponibili per le piccole imprese della Main Street.»

Warren richiama anche l’attenzione sul legame personale tra Trump e Cook: il CEO di Apple è stato presente all’inaugurazione presidenziale e ha donato personalmente un milione di dollari al comitato inaugurale. Un gesto che, secondo la senatrice, rafforza l’ipotesi di un accesso privilegiato alla politica commerciale statunitense.

“Durante il primo mandato di Trump, le politiche sui dazi si sono trasformate in una corsa ai favoritismi da parte delle grandi corporation”, scrive Warren. “Apple sembra essere stata l’unica a ottenere tutte le esenzioni richieste”.

Le domande a Cook

Nella lettera inviata a Tim Cook, la senatrice Elizabeth Warren pone una serie di domande dirette. Vuole chiarimenti sui contatti tra l’azienda e l’amministrazione Trump e valutare l’entità del vantaggio economico ricevuto.

Ecco le domande chiave:

  • Qual è stata la natura delle discussioni tra te (o rappresentanti di Apple) e i funzionari dell’amministrazione Trump in merito ai dazi proposti?
  • Puoi fornire informazioni su eventuali incontri o conversazioni — inclusi contatti telefonici o email — avvenuti prima dell’annuncio ufficiale del 12 aprile?
  • Quando Apple è stata informata delle esenzioni tariffarie annunciate dal presidente Trump?
  • Qual è il valore economico delle esenzioni per Apple in termini di profitti aggiuntivi? E quale metodo è stato utilizzato per calcolare questa stima?

Domande che puntano al cuore di un possibile intreccio tra lobbying aziendale e decisioni politiche di portata economica globale. Domande che suscitano il sospetto di favoritismi accessibili solo a chi ha amplissime disponibilità finanziarie e che escludono piccole realtà che operano in settori non strategici, ma che danno comunque lavoro a milioni di persone.

Tim Cook deve spiegare perché Apple è stata graziata dai dazi cinesi

L’abilità diplomatica di Tim Cook

Da tempo, Tim Cook viene considerato uno dei CEO più abili nel navigare la politica di Washington. Durante gli anni turbolenti dell’amministrazione Trump, ha saputo mantenere relazioni aperte e costruttive, partecipando a incontri alla Casa Bianca e intervenendo su temi sensibili come il lavoro, l’educazione e l’ambiente.

Questo pragmatismo ha garantito ad Apple stabilità strategica, ma ora rischia di trasformarsi in un boomerang mediatico. Dell’argomento si è parlato nei giorni scorsi dopo un articolo pubblicato dal Washington Post. In quel servizio si riportava un’opinione attribuita a Trump: “Non si presenta con intermediari, parla chiaro, non piagnucola”, avrebbe detto il presidente, secondo alcune fonti.

Un rapporto costruito nel tempo, anche grazie alla disponibilità di Cook a partecipare personalmente alle dinamiche politiche senza mai esporsi pubblicamente con critiche dirette. Tutto questo, però, evidentemente nell’opinione della Warren non basta a spiegare i vantaggi ottenuti da Apple.

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