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La senatrice del Massachusetts, Elizabeth Warren, ha inviato una lettera ufficiale al CEO di Apple, Tim Cook, sollevando dubbi sulle modalità con cui l’azienda avrebbe ottenuto esenzioni dalle tariffe doganali annunciate dall’amministrazione Trump. Secondo la Warren, le deroghe decise dal governo statunitense a beneficio della multinazionale californiana potrebbero costituire un caso emblematico di “clientelismo da parte di grandi corporation ben collegate ai vertici del potere”.
DAZI E L’INTERVENTO RISOLUTIVO
All’inizio do aprile, il presidente Donald Trump aveva annunciato un nuovo pacchetto di dazi sulle importazioni dalla Cina, con picchi fino al 145%. Una misura che avrebbe potuto colpire duramente i margini di profitto di Apple, data la produzione cinese della quasi totalità dei suoi dispositivi, dagli iPhone agli Apple Watch. Tuttavia, poche settimane dopo, la Casa Bianca ha annunciato una serie di esenzioni specifiche proprio per alcune categorie di prodotti elettronici, tra cui quelli della casa di Cupertino.
In base a quanto riportato da diverse fonti stampa, Tim Cook avrebbe svolto un ruolo diretto nel dialogo con l’amministrazione, cercando di ottenere la rimozione o l’alleggerimento delle misure che avrebbero colpito il core business dell’azienda. Una strategia che non rappresenterebbe un caso isolato, ma si inserirebbe in una prassi già consolidata durante il primo mandato presidenziale di Trump, quando l’imposizione selettiva di dazi fu accompagnata da deroghe mirate a favore delle grandi imprese tecnologiche.
LA RICHIESTA DI CHIARIMENTI
Nella lettera inviata a Cook — ottenuta da Bloomberg News — la Warren esprime preoccupazione per “l’apparente capacità delle grandi aziende di esercitare pressioni per ottenere esenzioni che non sono disponibili per le piccole imprese della Main Street”. E aggiunge:
“Nel migliore dei casi, il vostro impegno per eliminare le tariffe sui prodotti Apple e la decisione del presidente Trump di esentare alcuni dispositivi sollevano un evidente conflitto d’interessi. Ma le recenti notizie pongono interrogativi ancora più seri sul livello di influenza esercitata dalle grandi aziende per ottenere trattamenti preferenziali”.
La Warren chiede a Cook dettagli precisi sulle discussioni avute con i funzionari dell’amministrazione Trump: quando si sono svolti gli incontri, quale sia stata la natura delle conversazioni, e in quale momento Apple è venuta a conoscenza dell’intenzione della Casa Bianca di introdurre le esenzioni.
I LEGAMI TRA COOK E TRUMP
La senatrice fa inoltre riferimento a due episodi che, a suo avviso, contribuiscono a definire il contesto politico della vicenda: la presenza di Tim Cook alla cerimonia di insediamento di Donald Trump, avvenuta a gennaio, e la donazione da un milione di dollari fatta dal CEO di Apple al comitato inaugurale del presidente. Una scelta, quella di Cook, condivisa da altri esponenti di spicco del settore tecnologico.
“Durante il suo primo mandato, la politica tariffaria di Trump è diventata una corsa agli armamenti da parte delle grandi aziende per ottenere esenzioni redditizie e trattamenti speciali”, scrive Warren, citando le precedenti esclusioni tariffarie già concesse a dispositivi come iPhone, Apple Watch e vari componenti dei Mac.
NESSUNA RISPOSTA DA CUPERTINO
Apple, interpellata da Bloomberg, non ha rilasciato dichiarazioni in merito alla lettera della senatrice né ha fornito commenti sulle accuse. Sebbene l’azienda sia riuscita ad evitare un’immediata crisi della catena di approvvigionamento grazie alle esenzioni recentemente ottenute, il rischio non è del tutto scongiurato: la Casa Bianca ha già preannunciato l’intenzione di introdurre ulteriori dazi sui prodotti elettronici, che potrebbero nuovamente includere i dispositivi Apple.
Il caso sollevato da Warren pone dunque interrogativi centrali sul rapporto tra grandi aziende tecnologiche e potere politico, e sulle modalità con cui i colossi dell’industria riescono ad aggirare gli effetti delle politiche economiche ufficiali attraverso trattative riservate ai massimi livelli istituzionali.
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