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Una frode fiscale da oltre 33 milioni di euro è stata scoperta dalla Guardia di Finanza di Brescia, che ha eseguito due sequestri preventivi d’urgenza per bloccare la monetizzazione indebita di falsi crediti d’imposta. Al centro dell’indagine, crediti generati illecitamente sotto forma di Deferred Tax Assets (Dta), uno strumento fiscale pensato per sostenere le imprese ma che, in questo caso, sarebbe stato usato per truffare lo Stato.
Le Dta rappresentano imposte anticipate che le aziende possono utilizzare in futuro per compensare tasse da pagare. In alcuni casi possono essere trasformate in veri e propri crediti d’imposta da usare subito per compensare Iva, Irap e altri tributi, oppure da incassare in denaro.
Il meccanismo fraudolento è emerso grazie a un’indagine condotta dalle Fiamme Gialle di Brescia e Breno, con il supporto dell’Agenzia delle Entrate, partita da una segnalazione dell’ente fiscale provinciale. Il sequestro, convalidato dal gip, è stato deciso per evitare che i crediti fittizi venissero utilizzati o ceduti a terzi, inquinando il circuito economico legale.
Cartiera di crediti d’imposta
Nel primo, sono coinvolte due società con sede in Abruzzo e Campania: una già cessata, l’altra mai operativa e priva di dichiarazioni fiscali. Nonostante ciò, entrambe avevano inserito nei bilanci Dta poi trasformate in crediti d’imposta tramite dichiarazioni integrative. In questo modo sarebbero stati generati circa 20 milioni di euro in crediti “illimitatamente cedibili”, successivamente trasferiti a tredici società.
La società camuna in liquidazione
Il secondo filone riguarda una società camuna in liquidazione giudiziale, attiva nel settore delle lavorazioni meccaniche, titolare di altri 13 milioni di euro in crediti fiscali. Nonostante il provvedimento del tribunale, i crediti stavano per essere ceduti a una società collegata allo stesso rappresentante legale dell’azienda in fallimento, ora indagato.
Sono state accertate attività di autoriciclaggio, legate a una precedente monetizzazione dei crediti. Sono stati quindi sequestrati fondi — su conti correnti personali del rappresentante legale dell’azienda camuna — per un valore di circa 600 mila euro.
L’inchiesta è ancora aperta. Gli investigatori sono ora al lavoro per identificare il regista della frode, probabilmente un professionista, e ricostruire la rete di soggetti coinvolti nella monetizzazione dei falsi crediti.
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