Rinviata la rendicontazione di sostenibilità per le imprese

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  • L’Europa ha acconsentito al rinvio dell’obbligo di rendicontazione della sostenibilità delle imprese, per garantire nuovi interventi e aggiornamenti normativi.
  • Secondo la direttiva UE “Stop-the-Clock” viene stabilito un rinvio di due anni sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale (CSRD) per grandi aziende e PMI quotate in borsa. Il rinvio è invece di un anno sulla due diligence per la sostenibilità aziendale (CSDDD).
  • Viene dato più tempo sia agli stati per intervenire sulle normative sia alle imprese per adeguarsi.

Arriva la conferma dall’Europa del rinvio dell’obbligo di rendicontazione della sostenibilità delle imprese. I diversi paesi europei hanno infatti votato in Commissione a favore di un posticipo alla scadenza dei termini per tale adempimento.

Tale decisione darà più tempo agli Stati per intervenire direttamente sulle norme, alla luce delle variazioni repentine delle dinamiche economiche dell’ultimo periodo, ma anche alle imprese di adeguarsi.

Ai singoli Stati viene infatti garantito un margine di tempo aggiuntivo, ovvero fino al 31 dicembre 2025, per modificare le proprie regolamentazioni interne. Il rinvio va da un anno a due anni a seconda dei casi.

Direttiva CSRD e rinvio dell’UE

Al centro del rinvio vi è la direttiva europea CSRD (corporate sustainability reporting directive) sulla rendicontazione di sostenibilità delle aziende. Questa normativa è arrivata in linea con la necessità del continente di attuare una transizione di tipo sostenibile, sia a livello ambientale che sociale, delle imprese europee.

Di fatto ha introdotto l’obbligo per determinate imprese di redigere un bilancio di sostenibilità che contenga i dettagli sulle informazioni relative alle tematiche ambientali e sociali (ESG), per aumentare la trasparenza dei dati e al tempo stesso incentivare la transizione green.

Con la recente approvazione dell’Europa, viene stabilito con un meccanismo “Stop-the-Clock” un rinvio di tale obbligo per queste attività:

  • grandi imprese (che non hanno ancora iniziato a comunicare le informazioni) e Pmi quotate: rinvio di due anni dell’applicazione degli obblighi;
  • grandi società: rinvio di un anno dell’applicazione degli obblighi.

Tale rinvio consentirà ai paesi di intervenire sui propri regolamenti interni per allinearsi alla direttiva europea CSRD, ma anche alle imprese di adeguarsi alle novità. Le nuove disposizioni rientrano nel pacchetto Omnibus emanato il 26 febbraio 2025 dalla Commissione Europea, che contiene anche altre disposizioni interessanti.

Gli obiettivi del pacchetto Omnibus

Insieme ad uno slittamento in avanti degli obblighi, la Commissione Europea interviene anche per ridurre drasticamente i passaggi burocratici obbligatori per le aziende. Oltre al meccanismo “Stop-the-Clock”, ha determinato una riduzione sostanziale del numero di soggetti obbligati alla rendicontazione1:

“Esonerare circa l’80% delle imprese dall’ambito di applicazione della suddetta direttiva, concentrando gli obblighi di informativa sulla sostenibilità sulle imprese di più grandi dimensioni che hanno forti probabilità di avere gli effetti maggiori sulle persone e sull’ambiente.”

Questo si traduce nello slittamento degli adempimenti al 2028, ma anche nel nuovo limite dimensionale delle imprese obbligate, che passa da 250 a 1.000 dipendenti e con fatturato superiore a 50 milioni di euro, consentendo a molte aziende di essere esonerate. A questo si aggiunge una semplificazione dell’adempimento stesso.

Con il pacchetto Omnibus, la Commissione intende far risparmiare alle aziende più di 6 miliardi di euro in spese amministrative, consentendo un processo di transizione più morbido.

Come adeguarsi alla direttiva CSRD

Anche se l’obbligo è stato posticipato, nei prossimi anni molte aziende, quelle di maggiore dimensione e fatturato, dovranno adeguarsi alla direttiva CSRD, che impone standard di trasparenza sulla sostenibilità ambientale e sociale.

Per il momento la prima fase vede i singoli stati adeguarsi alla normativa intervenendo sulle regole interne, operazione che vedrà il suo termine, anche per l’Italia, entro il 31 dicembre 2025.

Per quanto riguarda le aziende, devono dotarsi di sistemi di raccolta di dati ambientali, sociali e di governance (ESG) che le riguardano. Adottare strumenti digitali conformi all’obiettivo è uno dei primi passi che le attività possono compiere, in vista dell’arrivo dell’obbligo effettivo di trasmettere tali dati.

Queste informazioni andranno raccolte per redigere un bilancio di sostenibilità aziendale idoneo da trasmettere agli enti competenti. Come anticipato, ne saranno soggette le aziende con più di 1.000 lavoratori e con almeno 50 milioni di euro di fatturato.

Ma quali sono questi dati? Un esempio è quello relativo alle emissioni nell’ambiente date dalla produzione, di una determinata azienda, ma non solo. Andranno inserite informazioni su:

  • quali sono i rischi ESG dell’azienda;
  • quali sono le strategie adottate dall’azienda per ridurre questi rischi;
  • indicatori di performance;
  • obiettivi di sostenibilità;
  • la spiegazione di come i dati sono stati raccolti.

Queste e altre informazioni a proposito dell’impatto ambientale e sociale dovranno essere inserite nel bilancio di sostenibilità da inviare agli enti di riferimento periodicamente.

La Commissione europea definirà come categorizzare le informazioni tramite sistemi digitali, per cui si attendono chiarimenti in merito. Il rapporto di sostenibilità deve quindi essere verificato e aggiornato ogni anno, con il supporto di un revisore legale.

Se da un lato questo report può consistere in un nuovo obbligo a carico delle aziende, con relativi costi e adempimenti, dall’altro lato avere un documento che attesta l’impegno dell’impresa nella sostenibilità può garantire anche l’accesso più semplice a incentivi e l’interesse di potenziali investitori.



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