Pex con credito d’imposta estero da riparametrare

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito
Abruzzo
Agevolazioni
Agrigento
Alessandria
Ancona
Aosta
Arezzo
Ascoli-Piceno
Aste L'Aquila
Asti
Avellino
Bari
Barletta-Andria-Trani
Basilicata
Belluno
Benevento
Bergamo
Biella
Bologna
Bolzano
Brescia
Brindisi
Cagliari
Calabria
Caltanissetta
Campania
Campobasso
Carbonia Iglesias
Caserta
Catania
Catanzaro
Chieti
Como
Cremona
Crotone
Cuneo
Emilia-Romagna
Enna
Ferrara
Firenze
Foggia
Forli-Cesena
Friuli-Venezia Giulia
frosinone
Genova
Gorizia
Grosseto
Imperia
Isernia
Italia
La-Spezia
Latina
Lazio
Lecce
Lecco
Liguria
Livorno
Lodi
Lombardia
Lucca
Macerata
Mantova
Marche
Massa-Carrara
Matera
Messina
Milano
Modena
Molise
Monza-Brianza
Napoli
Novara
Nuoro
Olbia Tempio
Oristano
Padova
Palermo
Parma
Pavia
Perugia
Pesaro-Urbino
Pescara
Piacenza
Piemonte
Pisa
Pistoia
Pordenone
Potenza
Prato
Puglia
Ragusa
Ravenna
Reggio-Calabria
Reggio-Emilia
Rieti
Rimini
Roma
Rovigo
Salerno
Sardegna
Sassari
Savona
Sicilia
Siena
Siracusa
Sondrio
Sud sardegna
Taranto
Teramo
Terni
Torino
Toscana
Trapani
Trentino-Alto Adige
Trento
Treviso
Trieste
Udine
Umbria
Valle d'Aosta
Varese
Veneto
Venezia
Verbania
Vercelli
Verona
Vibo-Valentia
Vicenza
Viterbo


Con la risposta a interpello n. 101, pubblicata ieri, l’Agenzia delle Entrate ha affermato l’applicazione dell’art. 165 comma 10 del TUIR sull’imposta pagata in Francia in relazione alla plusvalenza realizzata su una partecipazione in una società francese detenuta da una società residente in Italia, imponibile in entrambi gli Stati in forza del Protocollo alla Convenzione, pur se in modo parziale, avendo beneficiato della participation exemption sia in Italia (art. 87 del TUIR) che in Francia.

In particolare, secondo l’art. 165 comma 10 del TUIR, se il reddito estero concorre solo parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l’imposta estera deve essere ridotta in misura corrispondente.
Questa previsione deve essere coordinata con l’art. 24 par. 1 della Convezione contro la doppia imposizione stipulata tra Italia e Francia, per il quale, in sostanza, il contribuente italiano detrae l’imposta sui redditi pagata in Francia, ma l’ammontare di tale detrazione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile agli elementi di reddito di fonte francese nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo.

La problematica sottesa dall’interpello era, in sostanza, quella del possibile superamento della limitazione prevista dalla norma nazionale in forza del Trattato (tema che inizia a interessare in modo crescente le Corti di Giustizia tributaria).
Il responso dell’Agenzia delle Entrate è negativo, sulla base di quanto indicato dal § 3 del Commentario all’art. 23 B del modello OCSE, secondo cui l’ammontare del credito non può essere maggiore della quota di imposta italiana attribuibile ai redditi prodotti all’estero e ivi tassati nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo.

Tali disposizioni convenzionali, continua la risposta, sono coerentemente recepite nell’ordinamento italiano attraverso i commi 1 e 10 dell’art. 165 del TUIR.
Tuttavia, il passaggio del Commentario indicato sopra sembra riferirsi in particolare al comma 1 dell’art. 165 del TUIR, per il quale le imposte sui redditi estere possono essere detratte in base alla proporzione tra reddito prodotto all’estero e reddito complessivo prodotto in Italia; la decurtazione dell’imposta in presenza di un reddito che concorre parzialmente alla formazione del reddito complessivo è invece stabilita dal successivo comma 10, che non sembra recepito dalla Convenzione tra Italia e Francia e nemmeno oggetto del passaggio del Commentario OCSE indicato dalla risposta n. 101/2025.

Al riguardo, si deve anche considerare che il Trattato con la Francia è stato ratificato dalla L. 7 gennaio 1992 n. 20, mentre l’art. 165 comma 10 del TUIR è stato introdotto a decorrere dal 2004 dal DLgs. 344/2003 in coerenza con i sistemi di esclusione o di esenzione per i dividendi e per le plusvalenze su partecipazioni, pur se esso recepisce una prassi dell’Amministrazione italiana che risale al “vecchio” art. 96-bis del TUIR sui dividendi “madre-figlia” ante 2004.

Anche se l’Agenzia delle Entrate rimarrà presumibilmente ferma nella “difesa” della detrazione parziale, il tema continuerà probabilmente a porsi, anche alla luce della circostanza (debitamente evidenziata dall’istante) per cui la previsione del riconoscimento pro rata del credito sull’imposta pagata all’estero si rinviene in Trattati stipulati dall’Italia in epoca più recente (si pensi ad esempio alle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate con Cipro, Panama e Monaco, le quali prevedono espressamente la decurtazione secondo un meccanismo analogo a quello stabilito dal comma 10 dell’art. 165 del TUIR) e ciò renderebbe manifesta la consapevolezza dell’Italia di non poterla applicare in relazione ai Trattati più risalenti, in cui la stessa è assente.

Resta poi un ulteriore problema, non affrontato dalla risposta. Si tende, infatti, ad ammettere, anche in relazione ai Trattati che non contemplano uno scomputo pro rata, che la detrazione assoggettata alla falcidia dell’art. 165 comma 10 possa giustificarsi in relazione alle casistiche in cui l’altro Stato preleva l’imposta sulla totalità del reddito, in modo tale da non portare a un ingiustificato beneficio in capo al socio residente.
Nel caso di specie, invece, la normativa francese esenta l’88% della plusvalenza realizzata, per cui la falcidia avrebbe minori giustificazioni sistematiche: non sarebbe, infatti, coerente riconoscere un credito d’imposta pari al solo 5% dell’imposta effettivamente pagata quando anche la medesima viene applicata dall’altro Stato solo su una parte del provento imponibile.

Il caso dei rapporti con la Francia, peraltro, sarebbe in questo contesto peculiare, poiché si sarebbe in presenza non di un reddito tassato in misura piena oltreconfine ma parziale in Italia, bensì di un provento caratterizzato da percentuali di esenzione diverse nei due Stati.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link