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Le recenti politiche commerciali degli Stati Uniti, in particolare l’imposizione dei dazi sotto l’amministrazione Trump, possono avere un impatto significativo sull’export dell’Emilia-Romagna. Secondo uno studio condotto da Unioncamere Emilia-Romagna, attraverso il sistema informativo Pablo, è emerso che le imprese regionali sono fortemente influenzate dalle decisioni statunitensi, con alcuni settori a rischio maggiore rispetto ad altri.
Lo studio, intitolato “Dall’America all’officina. Quando il mercato statunitense fa la differenza”, ha analizzato i flussi doganali tra l’Emilia-Romagna e gli Stati Uniti, fornendo una panoramica dettagliata delle imprese coinvolte nell’export verso il mercato americano. Grazie a questa analisi, è stato possibile andare oltre i dati aggregati e capire in che misura le singole aziende siano esposte ai dazi imposti da Washington.
Le imprese emiliano-romagnole che esportano verso gli Stati Uniti
Sono 5.788 le imprese emiliano-romagnole che esportano negli Stati Uniti, con il 73% di esse, pari a 4.305 aziende, che hanno sede legale nella regione. Queste realizzano l’84% del fatturato complessivo dell’export. I settori principali che contribuiscono all’export verso gli USA sono l’automotive, con 276 aziende, e la meccanica, che coinvolge oltre 1.100 imprese. Le auto da turismo, le piastrelle e le macchine per il packaging sono tra i prodotti più esportati.
Un dato interessante riguarda le dimensioni delle imprese: 1.144 aziende esportatrici sono ditte individuali o con un fatturato inferiore al milione, mentre 788 imprese con fatturato superiore ai 25 milioni rappresentano il 18% del totale, generando l’86% delle esportazioni verso gli Stati Uniti.
L’internazionalizzazione e il rischio dazi
Un altro aspetto dello studio riguarda le imprese con una relazione più profonda con il mercato statunitense. Sono 365 le aziende che vanno oltre il semplice commercio estero, con 66 società controllate da aziende americane e 299 imprese emiliane che possiedono quote di maggioranza di società negli Stati Uniti. Queste imprese rappresentano oltre la metà dell’export regionale verso gli USA, ma sono anche tra le più vulnerabili alle politiche protezionistiche promosse dall’amministrazione Trump.
A livello settoriale, il rischio è particolarmente elevato per le aziende legate alla meccanica, con il 43% delle imprese nel settore delle macchine agricole e il 33% nell’automotive che risultano vulnerabili a causa della loro esposizione al mercato statunitense.
Le imprese vulnerabili e l’impatto dei dazi
Lo studio ha introdotto un indice di vulnerabilità, calcolato come rapporto tra l’export verso gli Stati Uniti e il fatturato complessivo delle imprese. Sono considerate vulnerabili le aziende per le quali il mercato americano contribuisce almeno al 5% del fatturato globale. Ben 1.256 imprese emiliane, pari al 29% del totale esportatore verso gli USA, sono classificate come vulnerabili. Tra queste, le prime 100 imprese esportatrici presentano la vulnerabilità più alta.
L’analisi dell’impatto dei dazi ha mostrato che, se le imprese dovessero sopportare integralmente il peso delle tariffe doganali, l’impatto sui loro ricavi sarebbe dell’1,6%. Per 450 aziende, il solo dazio potrebbe costare più del 3% del fatturato, mentre per 69 imprese l’incidenza supererebbe il 10%.
Le possibili soluzioni per le imprese
Valerio Veronesi, presidente di Unioncamere Emilia-Romagna, ha sottolineato l’importanza di supportare le imprese regionali in questo momento difficile. «Unioncamere ha voluto fornire una fotografia su dove potrebbero atterrare i dazi degli Stati Uniti nell’economia reale della nostra regione. L’unica possibile difesa è consentire alle imprese di aumentare la loro competitività internazionale», ha dichiarato Veronesi. Tra le proposte di Unioncamere, spiccano il rilancio delle misure “4.0” per l’innovazione e l’introduzione di forme di garanzia statale per i finanziamenti bancari.
Guido Caselli, vice segretario di Unioncamere e curatore dello studio, ha evidenziato che le 1.256 imprese vulnerabili rappresentano il 90% dell’export verso gli Stati Uniti e contribuiscono per la metà al totale delle esportazioni regionali, creando oltre 105.000 posti di lavoro e realizzando 50 miliardi di euro di fatturato. Tuttavia, Caselli avverte che per valutare appieno l’impatto dei dazi, occorre considerare anche le imprese che dipendono dalle forniture e dai partner legati alle grandi esportatrici.
Lo studio “Dall’America all’officina. Quando il mercato statunitense fa la differenza” è disponibile su www.ucer.camcom.it
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