Private banking e private market: l’Italia può crescere così

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito
Abruzzo
Agevolazioni
Agrigento
Alessandria
Ancona
Aosta
Arezzo
Ascoli-Piceno
Aste L'Aquila
Asti
Avellino
Bari
Barletta-Andria-Trani
Basilicata
Belluno
Benevento
Bergamo
Biella
Bologna
Bolzano
Brescia
Brindisi
Cagliari
Calabria
Caltanissetta
Campania
Campobasso
Carbonia Iglesias
Caserta
Catania
Catanzaro
Chieti
Como
Cremona
Crotone
Cuneo
Emilia-Romagna
Enna
Ferrara
Firenze
Foggia
Forli-Cesena
Friuli-Venezia Giulia
frosinone
Genova
Gorizia
Grosseto
Imperia
Isernia
Italia
La-Spezia
Latina
Lazio
Lecce
Lecco
Liguria
Livorno
Lodi
Lombardia
Lucca
Macerata
Mantova
Marche
Massa-Carrara
Matera
Messina
Milano
Modena
Molise
Monza-Brianza
Napoli
Novara
Nuoro
Olbia Tempio
Oristano
Padova
Palermo
Parma
Pavia
Perugia
Pesaro-Urbino
Pescara
Piacenza
Piemonte
Pisa
Pistoia
Pordenone
Potenza
Prato
Puglia
Ragusa
Ravenna
Reggio-Calabria
Reggio-Emilia
Rieti
Rimini
Roma
Rovigo
Salerno
Sardegna
Sassari
Savona
Sicilia
Siena
Siracusa
Sondrio
Sud sardegna
Taranto
Teramo
Terni
Torino
Toscana
Trapani
Trentino-Alto Adige
Trento
Treviso
Trieste
Udine
Umbria
Valle d'Aosta
Varese
Veneto
Venezia
Verbania
Vercelli
Verona
Vibo-Valentia
Vicenza
Viterbo


C’è una nuova frontiera della crescita in Italia, e si chiama private capital. Per rendere veramente competitive le piccole medie imprese italiane sono necessari ingenti investimenti, secondo Draghi per spingere le pmi europee saranno necessari 800miliardi di euro all’anno, e una tale cifra non può essere coperta solo dai capitali pubblici.

Il mondo del private capital oggi vale ancora troppo poco nei portafogli degli investitori privati, ma rappresenta la più concreta opportunità per spingere l’economia reale, sostenere l’innovazione delle imprese e trasformare il risparmio in ricchezza. E proprio il private banking è chiamato a guidare questa transizione.

Durante il convegno annuale dell’AIFI – l’associazione che rappresenta il private equity, il venture capital e il private debt in Italia – è emersa con chiarezza la centralità del ruolo che i consulenti finanziari e le banche private possono giocare nel portare il private market al centro delle strategie patrimoniali degli italiani.

Oggi, secondo AIFI, solo lo 0,5% della ricchezza finanziaria delle famiglie italiane è allocata nei mercati privati. Il dato stride con la crescita del 36% della ricchezza familiare negli ultimi anni, rimasta però ancorata a immobili e liquidità. Il 40% degli attivi liquidi degli italiani giace sui conti correnti. Intanto però, gli investimenti alternativi sono sempre più presenti nei portafogli dei grandi investitori internazionali, dove rappresentano fino al 20%.

Il private banking come acceleratore culturale

È qui che entra in gioco il private banking. Secondo una recente rilevazione AIFI, l’86% degli imprenditori italiani riconosce che la propria cultura finanziaria è migliorata grazie al confronto con il proprio banker. E proprio negli incontri di pianificazione – che non riguardano solo investimenti, ma anche la trasmissione d’impresa e la crescita familiare – il tema dei private market può trovare spazio. A condizione che il settore privato venga affiancato da un quadro normativo più favorevole, come ricordato dal sottosegretario al Mef Federico Freni.

Private equity, venture capital e debito privato: i numeri di un’opportunità

Il private capital in Italia coinvolge oggi quasi 2.400 società partecipate in private equity e venture capital, e oltre 600 nel comparto del private debt. Una realtà che dà lavoro a più di 850mila persone. Ma il potenziale resta inespresso: secondo Innocenzo Cipolletta, presidente AIFI, “le imprese italiane con capitale privato sono ancora troppo poche rispetto a quelle potenzialmente interessate”.

I numeri parlano chiaro: il ticket medio degli operatori italiani nel private equity è di circa 16 milioni di euro, perfettamente calibrato sulla spina dorsale del settore imprenditoriale italiano, dove a prevalere sono le piccole e medie imprese. Ma questo non significa che non siano necessari anche investimenti più ingenti, al momento nelle mani degli investitori internazionali con un investimento medio di 104milioni dagli Stati Uniti e 84milioni dal Regno Unito.

In generale, la raccolta in Italia cresce, ma resta lontana anche dai competitor più vicini, come la Francia. Il panorama del venture capital ha iniziato a svilupparsi in contemporanea in questi due Paesi, ma poi i percorsi hanno preso strade molto diverse. Basti pensare che, come raccontato da Anna Gervasioni, rettrice dell’Università LIUC e direttrice generale di AIFI, negli ultimi cinque anni, per ogni euro raccolto in Italia dai private individuals, in Francia ne sono stati raccolti dieci.

Un cambio di paradigma necessario

Fino a quindici anni fa, il private equity era visto come una possibilità di investimenti pioneristici, dedicati solo a investitori molto specializzati. Oggi non è più così, i mercati privati non sono più una “cottage industry” riservata agli investitori sofisticati. Sono una componente matura e industrializzata dell’asset management. Basti pensare che anche il mondo degli asset manager è finalmente entrato nel private market, con grandi nomi come BlackRock, Fidelity, UBS e Vanguard che investono nel settore.

“Questo è stato il secolo dell’equity”, ha ricordato Giorgio Gobbi, responsabile della sede milanese di Banca d’Italia. Tuttavia, le borse stanno diventando un club per grandi aziende. I capitali privati, invece, possono offrire un’alternativa concreta per le imprese che vogliono crescere senza necessariamente quotarsi.

E proprio per sostenere questa trasformazione, il private banking ha un compito preciso: aiutare gli investitori italiani a spostarsi da una logica di protezione del patrimonio a una logica di crescita patrimoniale, portando più private capital nei portafogli, e più capitale di rischio alle imprese. È un passaggio culturale, prima ancora che finanziario. Ma il momento, a detta degli operatori, è maturo.

C’è una nuova frontiera della crescita in Italia, e si chiama private capital. Per rendere veramente competitive le piccole medie imprese italiane sono necessari ingenti investimenti, secondo Draghi per spingere le pmi europee saranno necessari 800miliardi di euro all’anno, e una tale cifra non può …



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link