Cgil, oltre 44.000 nuovi Esodati dal 2027

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Roma, 29 marzo – Oltre 44.000 lavoratrici e lavoratori, che hanno aderito negli ultimi anni a misure di uscita anticipata, per effetto dell’adeguamento automatico dei requisiti pensionistici alla speranza di vita rischiano di ritrovarsi dal 1° gennaio 2027 senza reddito e senza contribuzione. Nuovi esodati. È quanto emerge dall’ultima analisi dell’Osservatorio Previdenza della Cgil nazionale (in allegato).

Il responsabile delle politiche previdenziali della Confederazione, Ezio Cigna, spiega che “se il Governo non interverrà, 19.200 lavoratori in isopensione e 4.000 con contratto di espansione si ritroveranno con un vuoto di tre mesi senza assegno, senza contributi, senza tutele. Parliamo di persone che hanno lasciato il lavoro nel pieno rispetto delle regole, firmando accordi con aziende e fondi, basati su date certe di accesso alla pensione. A questi si aggiungono altri 21.000 lavoratori usciti con i Fondi di solidarietà bilaterali, per i quali, seppur con impatti diversi, si configura comunque un possibile vuoto di copertura previdenziale”.

Cigna ricorda che, come la Cgil aveva già denunciato a gennaio, “in assenza di interventi correttivi, nel 2027 il requisito per la pensione anticipata salirà a 43 anni e 1 mese di contributi (42 anni e 1 mese per le donne), mentre la pensione di vecchiaia passerà da 67 a 67 anni e 3 mesi. Un ulteriore ostacolo per migliaia di lavoratrici e lavoratori, che rischiano di non vedere riconosciuto il diritto maturato in base alle regole precedenti”.

Ma il problema non si esaurisce con il 2027, riguarda anche gli anni successivi, e più in generale l’impianto stesso del sistema previdenziale. “Gli effetti dell’adeguamento alla speranza di vita – dichiara infatti la segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione – pesano già oggi sulle nuove generazioni, costrette a posticipare sempre di più l’età della pensione e a fare i conti con assegni sempre più bassi, a causa della progressiva riduzione dei coefficienti di trasformazione. Un meccanismo che rischia di minare la fiducia dei giovani nel sistema pubblico e di accentuare disuguaglianze già profonde”.

A conferma di queste preoccupazioni, i dati dell’Osservatorio statistico Inps: il 53,5% delle pensioni vigenti al 1° gennaio 2025 ha un importo inferiore a 750 euro. Percentuale che sale al 64,1% tra le donne. Di queste il 43,1% (4,1 milioni di pensioni) beneficiano di integrazioni al reddito legate alla soglia minima. “È inaccettabile – sostiene la segretaria confederale della Cgil – che più della metà delle pensioni sia sotto la soglia della dignità. Lo ribadiamo al Governo, che aveva promesso il superamento della Legge Fornero ma nei fatti è riuscito solo a peggiorarla azzerando ogni forma di flessibilità in uscita e tagliando la rivalutazione: serve una riforma vera, che garantisca pensioni adeguate e dignitose, soprattutto per le donne e i giovani che spesso hanno carriere discontinue o lavori precari”.

“Servono certezze per chi lavora oggi, per chi ha lavorato e per chi lavorerà domani. Bisogna ripartire dal lavoro: dal contrasto alla precarietà, dal riconoscimento della continuità contributiva, dalla costruzione di un sistema previdenziale giusto e universale. Per questo – conclude Ghiglione – i referendum promossi dalla Cgil sono fondamentali, perché senza lavoro dignitoso, non c’è futuro né per le pensioni né per il Paese. Per questo l’8 e il 9 giugno sarà importante votare SÌ ai 5 referendum”.



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