La spina dorsale del sistema bresciano: quanto crescono le nostre Pmi

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Sono la spina dorsale del tessuto economico e produttivo bresciano, «rappresentano il 47,5% del totale» come ha ricordato Paola Lecci, direttrice Regionale Lombardia Sud Intesa Sanpaolo; sono «essenziali per la nostra imprenditoria» come ha aggiunto il presidente di Editoriale Bresciana, Pierpaolo Camadini.

Le piccole e medie imprese sono le protagoniste dell’ottava edizione dell’inserto «Le 1000 Pmi che fanno grande Brescia», presentato oggi nella sala Faissola di Intesa Sanpaolo, in città.

Un’analisi, quella condotta dal team di ricercatori dell’Università degli Studi di Brescia coordinato dal prof. Claudio Teodori, che racconta lo stato di salute delle pmi bresciane. L’inserto sarà in edicola da questo venerdì, mentre già ora i dati sono disponibili sul portale bilanci.giornaledibrescia.it.

I numeri

Le mille esaminate nel report hanno caratteristiche specifiche: un fatturato tra i 5,3 e i 14,5 milioni di euro e una situazione reddituale positiva sui cinque anni presi in esame, quelli compresi tra il 2019 e il 2023.

«Il fatturato – ha ricordato il prof. Teodori – è passato da 6 miliardi a 8,7 miliardi: da dopo il Covid la crescita è stata costante, pari al 9,4% annuo. C’è stato un miglior assorbimento del costo del lavoro, con flussi finanziari in crescita». Sono dunque imprese solide, come quelle più grandi analizzate in Bilanci Brescia.

E sono chiamate ad affrontare un mondo complesso: Trump e l’annunciata politica sui dazi, l’Unione europea e tutto ciò che dovrà dimostrare di saper fare. «Le pmi si devono muovere cercando di diversificare i mercati di sbocco – ha sottolineato Paola Lecci, direttore Regionale Lombardia Sud di Intes Sanpaolo –. Oggi è fondamentale guardare all’internazionalizzazione per restare competitive. Intesa dà un sostegno concreto, per esempio grazie alla presenza diretta in oltre 40 Paesi del mondo».

Il prof. Claudio Salvato dell’Università Bocconi – Foto Reporter Nicoli © www.giornaledibrescia.it

Ma chi c’è dietro le piccole e medie imprese bresciane? «Soprattutto le famiglie», come ha ricordato in apertura di serata il direttore del GdB, Nunzia Vallini. Un identikit confermato anche dal prof. Claudio Salvato dell’Università Bocconi: «A Brescia l’82,7% delle imprese con fatturato sopra il 20 milioni di euro è familiare. A partire dal 2020 le aziende familiari di Brescia registrano tassi di crescita superiori rispetto a quelle non familiari. Stesso discorso per la redditività. I modelli di leadership più diffusi sono quelli collegiali, ovvero più ad insieme».

«Le pmi sono realtà molto interessanti» ha aggiunto Donato Romano, al vertice del family office Koinè Finance e già amministratore delegato del gruppo La Piadineria, ricordando come ogni anno riceva tra i 50 e i 60 dossier da vagliare. «Sono grandi opportunità di investimento, che hanno poi bisogno del venture capital per fare il salto».

I dazi

«Le piccole e medie imprese hanno ricostruito l’Italia e sono oggi il sistema più flessibile per adeguare il nostro sistema economico alle sfide che ci aspettano» ha ricordato ancora Camadini. E il pensiero non poteva che correre ai dazi annunciati dal presidente americano Donald Trump.

In collegamento, gli editorialisti del GdB hanno offerto tre punti di vista sui possibili scenari.

Enrico Marelli ha ricordato come la bilancia economica dei prodotti penda dalla parte degli Stati Uniti, annunciando le inevitabili ricadute dei dazi sui prezzi al consumo. Mario Del Pero: «I dazi per Trump hanno diversi significati – ha spiegato poi Mario Del Pero –: sono strumenti punitivi e ricattatori. Guardando all’Europa, c’è la volontà di modificare squilibri commerciali, ma anche di intervenire per modificare equilibri specifici, come i rapporti commerciali con la Cina che resta il grande antagonista degli Usa».

Proprio i mercati asiatici restano però una grande opportunità per le imprese italiane e bresciane: «La Cina si conferma il principale partner commerciale in Asia, la classe media è in espansione e guarda con interesse ai prodotti italiani – ha ricordato Antonio Fiori –. Anche il Giappone è un mercato di riferimento ben conosciuto, mentre l’India è un mercato dalle grandissime potenzialità, con una popolazione giovane e dinamica orientata verso i prodotti di alta gamma».



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