poi le mani sulle aziende deboli. Ecco il meccanismo di usura

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Su un prestito di 50mila euro Graziano chiedeva interessi pari al 7%. Ma i tassi mutavano a seconda del cliente e della situazione. Nel corso delle indagini, difatti, la guardia di finanza ha accertato che il tasso raggiungeva talvolta anche il 10%. Su un “finanziamento” di tremila euro, ad esempio, la rata arrivava a sfiorare anche i 1.200 euro. In alcune circostanze Graziano voleva pagamenti settimanali, di circa 500 euro, in altri si faceva restituire il dovuto sempre tramite bonifici con fatture falsificate.

Nel caso di un commerciante di mobili, questi ci aveva dovuto rimettere una cucina a prezzi stracciati per un membro del gruppo così come fu da lui obbligato alla vendita di alcuni alberi di un suo terreno per avere la liquidità necessaria per saldare il suo credito. Insomma i clienti-vittime di Graziano erano in gran parte commercianti ed imprenditori in crisi di liquidità. E per ciascun ritardo nei pagamenti interveniva direttamente Graziano a minacciare e incutere timore, ricordando loro (in più occasioni) che non temeva neanche le forze dell’ordine. 

Il sistema

In realtà la liquidità necessaria a praticare prestiti con tassi usurai veniva data al gruppo dalla truffa allo Stato messa in atto usufruendo di finanziamenti del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Sono diversi i finanziamenti ottenuti da società di comodo e poi finiti sotto la lente di ingrandimento della guardia di finanza. Come nel caso della Gio Ambiente srl, società fittizia intestata a persone indagate, nello specifico a Giuseppina Matera. Michele De Vivo e Sabatino Gravinese riuscivano ad ottenere finanziamenti agevolati per trarne profitto. Nel luglio del 2021 ottennero 250mila euro, di cui 200mila garantiti dallo Stato.

A fronte di questa somma ottenuta, la società ne avrebbe poi restituito – stando sempre agli accertamenti della finanza – soltanto poco più di settemila. Questi soldi – come quelli di tutti i finanziamenti ottenuti – in parte venivano utilizzati come serbatoio di liquidità per finanziare il giro di usura, in parte per acquistare beni di lusso o utilizzarli per fini personali. Un «sistema» che in più di un’occasione avrebbe anche insospettito le banche tant’è che Antonio De Vivo, proprio a riguardo della Giò Ambiente, avrebbe convocato una riunione d’urgenza presso il suo studi di Atena Lucana proprio per effettuare una call conference con una operatrice bancaria sospettosa.

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Ma per un dipendente di banca sospettoso, ce ne erano due che agevolavano i flussi di denaro e le operazioni non legale sui conti correnti degli indagati. Spesso proprio queste società fittizie, una volta ottenuti i fondi, erano le stesse che poi comparivano per la richiesta di assunzione degli immigrati nei giorni del click day. In questo contesto l’inchiesta su Graziano si è intrecciata per alcuni aspetti con quelle precedenti che riguardavano proprio la regolarizzazione dei permessi sui soggiorno in occasione dei decreti flussi. Il sistema, e anche gli agganci al sistema, erano gli stessi delle due inchieste portate avanti dalla procura di Salerno negli ultimi mesi.

Il personaggio

Secondo quanto scrive il gip Indinnimeo, Massimo Graziano manteneva il controllo economico e imprenditoriale su Sarno e sui comuni limitrofi legittimandosi quale interlocutore privilegiato sia di esponenti di altri gruppi e sia di imprenditori e professionisti, ideando e dirigendo in prima persona tutte le attività criminali. In alcuni casi, avrebbero appurato gli investigatori, sarebbe anche riuscito a mettere le mani su attività economiche in difficoltà acquisendone la gestione o il controllo in momenti di crisi. 





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