Dazi Usa, le imprese del terziario colpite dall’incertezza

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Lo rileva l’Associazione italiana commercio estero Confcommercio e il sentiment dall’indagine di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza. USA secondo mercato per l’export italiano: circa 65 miliardi.

La “guerra dei dazi” tra Stati Uniti ed Unione Europea avrebbe significative ripercussioni sul sistema delle imprese del terziario, ma ancora più preoccupante in questa fase è la situazione di incertezza legata agli annunci e alla minaccia dei dazi stessi perché le imprese, per pianificare forniture e consegne e gestire la propria catena del valore, hanno bisogno di condizioni stabili nel tempo. Lo rileva Aice, l’Associazione Italiana Commercio Estero Confcommercio, alla luce degli ultimi dati sull’interscambio e il sentiment emerso dall’indagine di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza che ha coinvolto oltre 400 imprese.

Nel 2024, come ha certificato l’Istat, l’export italiano ha registrato un lieve calo in valore (-0,4%) con dinamiche contrapposte (-1,9% export verso UE, + 1,2% export verso extra UE): un dato che sarebbe stato positivo (+0,3%) al netto dei prodotti energetici. In questo contesto, diminuisce l’export verso i due mercati principali per il Made in Italy, ovvero Germania e Stati Uniti (per entrambi i Paesi -3,7%), considerando che questi ultimi si posizionano al secondo posto dopo la Germania, e prima della Francia, come destinazione delle esportazioni nazionali. Nel 2024 il valore dell’export italiano negli Stati Uniti (dato ancora provvisorio) è stato di circa 65 miliardi, in calo del 3,7% rispetto al 2023.

L’imposizione reciproca di inasprimenti doganali tra USA e UE avrebbe un’influenza negativa sulle imprese: lo rileva l’86% di chi svolge attività di import e il 74% di chi pratica sia attività di import sia di export, secondo l’indagine condotta da Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza. In sostanza, per più di 3 imprese su 4. Gli Stati Uniti sono il secondo partner commerciale delle imprese che esportano dalla Città Metropolitana di Milano (dopo la Svizzera) con oltre 4 miliardi 494 milioni di euro (fra gennaio e settembre 2024).

La conseguenza pressoché immediata e più importante sarebbe l’aumento dei prezzi con una maggiore inflazione: con una contromisura UE di dazi del 10-15% sui prodotti che vengono importati maggiormente dagli Usa (si tratta per lo più di prodotti importati da imprese intermediarie e non direttamente da venditori/rivenditori), le imprese importatrici assorbirebbero circa la metà di questi incrementi. L’effetto sui consumatori nel territorio di Milano, Lodi, Monza e Brianza – secondo la stima del Centro Studi di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza in raccordo con Aice – sarebbe di un probabile aumento dei prezzi del 5%.

Dall’indagine di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza emerge inoltre che il 56% delle imprese operanti sui mercati esteri è a conoscenza dell’esistenza degli accordi di libero scambio siglati dall’Unione Europea con Paesi terzi. Patti che prevedono l’azzeramento o la forte riduzione dei dazi in export ed import, giudicati dal 63% delle imprese uno strumento positivo per diversificare i mercati di sbocco e approvvigionamento. Gli accordi di libero scambio sono, in generale, la risposta più forte che si può dare al protezionismo. Entrando in particolare nel concreto su uno degli accordi di libero scambio, il 38% delle imprese che opera sui mercati esteri conosce l’intesa UE-Mercosur (siglato dalla Commissione Europea con Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay) e la ritiene un’opportunità di crescita.



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