Slitta al 2027 la tassa alla frontiera sui beni importati a effetto serra

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Rinvio al 2027 del Cbam, il meccanismo europeo di tassazione alla frontiera dei gas a effetto serra incorporati nei prodotti importati dall’estero. Secondo la bozza di regolamento attualmente in discussione presso la Commissione europea, slitta di un anno la data di inizio delle vendite dei certificati Cbam, dato che nel 2026 il meccanismo sarebbe dovuto diventare operativo e gli importatori avrebbero dovuto iniziare ad acquistare i certificati corrispondenti alla quantità di gas serra impiegati nei processi produttivi esteri.

Bruxelles apre alle istanze delle imprese

L’esecutivo europeo viene incontro alle richieste del settore privato e prende atto delle numerose criticità del meccanismo, rappresentate in particolare dalla necessità di acquisire dati e informazioni sui metodi produttivi direttamente delle imprese estere, il cui atteggiamento ostruzionistico impedisce l’adempimento degli operatori europei. Il Cbam nasce nel 2023 come un sistema fortemente voluto dalla Commissione Ue per monitorare le emissioni inquinanti nella produzione di cemento, alluminio, ferro e acciaio, energia elettrica, fertilizzanti e idrogeno, per i quali il processo industriale consente di calcolare, con minore approssimazione rispetto ad altre categorie, le emissioni relative a una determinata quantità di merce.

Il vincolo del monitoraggio

A partire dall’ottobre 2023 gli importatori europei di tali prodotti hanno dovuto redigere una relazione trimestrale inerente le emissioni collegate alle quantità di merce importata. Dal 1° gennaio 2026 la relazione sarebbe dovuta diventare annuale, e in base ai dati raccolti nell’anno precedente, gli importatori avrebbero dovuto acquistare dei certificati corrispondenti alle quote di emissioni.

Le analisi fuori target

Le previsioni della Commissione Ue, tuttavia, si sono rivelate errate, poiché non si è tenuto conto dell’ampiezza dei nuovi adempimenti richiesti, tutti incentrati sui concreti metodi di produzione negli stabilimenti produttivi esteri. Le associazioni di categoria hanno segnalato che molti fornitori extra UE hanno escluso di potersi sobbarcare approfondimenti tecnici onerosi, mentre altri non hanno la tecnologia o il personale per poter calcolare le emissioni. In altri casi, specie nel settore siderurgico, l’importatore non ha nessun rapporto diretto con il fornitore, il quale è mediato da un broker.

Le ragioni dello slittamento

L’applicazione concreta del meccanismo si è rivelata estremamente complessa, anche dal punto di vista degli adempimenti amministrativi richiesti. Con il rinvio del Cbam la Commissione inaugura una nuova fase, in cui oltre agli obiettivi si tiene conto anche della necessità di minimizzare i costi per le imprese europee. Semplificare e snellire alcuni obblighi di rendicontazione è in linea con la Bussola della competitività presentata dalla Commissione il 29 gennaio 2025.

L’esenzione per le pmi

La bozza di regolamento in fase di approvazione prevede l’esenzione dal meccanismo per tutte le piccole e medie imprese che importano prodotti Cbam per quantità di emissioni inferiori a una nuova soglia, pari a circa 50 tonnellate di massa netta.

Il rinvio per le altre imprese

La fase due del meccanismo, ossia quella in cui entreranno in gioco i certificati Cbam sulle emissioni, sarà rinviata al 2027, in modo da assicurare alle imprese che importeranno quantità superiori alla soglia di adattarsi all’adempimento, anche alla luce delle ulteriori semplificazioni annunciate. Se tutte queste novità dovessero essere confermate, il sistema di monitoraggio voluto dal legislatore Ue solo due anni fa risulterebbe decisamente ridimensionato.

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