Hong Kong, nuovi incentivi all’insediamento di imprese straniere

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I grattacieli sulla baia di Hong Kong


Dal primo di marzo entrerà in vigore un emendamento (aggiornamento?) dell’accordo Cepa (Closer Economic Partnership Arrangement) sottoscritto tra la Cina ed Hong Kong nel lontano 2003. In particolare sono stati aggiornate le disposizioni che riguardano sette settori: banche, assicurazioni, telecomunicazioni, turismo, film, televisione e costruzioni edili con relativi servizi di ingegneria.

La novità in assoluto più importante è quella che autorizza, per la prima volta, le società straniere registrate ad Hong Kong a beneficiare per le controversie sorte sul territorio cinese delle legge e dell’arbitrato della città di Hong Kong. Non è cosa da poco perché c’è una differenza sostanziale tra l’utilizzare la common law di matrice anglosassone lineare e fondata sul precedente giurisprudenziale piuttosto che la normativa cinese.

Il provvedimento è, quindi, un fattore incentivante in una fase dove da un lato traspare una mancanza di volontà da parte delle imprese straniere ad affrontare il mercato cinese con le sue correlate problematiche, nonostante i progressi avvenuti negli anni scorsi, relativi alla civil law e la presenza di risorse umane professionalmente qualificate. Dall’altro indica che la Cina in una situazione di incipiente ed esacerbato protezionismo internazionale, stia cercando a fatica di individuare nuove linee guida per garantire sviluppo e consumi.

Nicolas de Loisy, presidente della Supply Chain Management Outsource ha dichiarato che permane una esitazione da parte di società internazionali ad affrontare controversie governate dal diritto cinese. È fiducioso che vi sia una nuova ondata di aziende interessate a piani di sviluppo in questa area. In previsione di questa riforma a gennaio erano già stati emessi 3.400 certificati a oltre 2.000 aziende per poter beneficiare a breve del trattamento preferenziale del Cepa.

Probabilmente questo accordo è caduto nel dimenticatoio o per la maggior parte è un accordo sconosciuto ma, a quel tempo, dopo appena sei anni dal passaggio di Hong Kong dal controllo coloniale britannico all’autorità politica cinese e con il manifestarsi, sebbene per pochi mesi della epidemia della Sars (severe acute respiratory syndrome), il governo cinese aveva deciso di sottoscrivere il Cepa alfine di rivitalizzare l’economia di Hong Kong.

La struttura di questo accordo prevedeva una fase iniziale  dove aziende anche straniere registrate ad Hong Kong con prevalenza di dipendenti locali potevano aprire con un regime semplificato società nel Guangdong e più precisamente nel Pearl River  Delta – l’attuale Greater Bay Area e successivamente in altre città cinesi.

In sostanza il Cepa significava per le imprese straniere una sorta di test nel mercato cinese per costituire nuove aziende al netto dei famosi lacci e lacciuoli che avevano tormentato chi si voleva affacciare a questo mercato. Infatti, per le imprese straniere si presentava una barriera per alcuni settori giudicati di interesse nazionale quali le telecomunicazioni, l’industria aeronautica e spaziale, le risorse naturali e soprattutto la logistica e i trasporti. Se per alcuni vi era l’impossibilità di entrare per altri erano consentite forme di joint ventures con partecipazione minoritaria.

Cepa, invece, aveva permesso alle società di logistica con sede ad Hong Kong di aprire sedi operative senza vincoli di partnership locale.

Qualche mese dopo l’implementazione di CEPA si era tenuto a Canton il primo simposio tra le autorità del Guangdong e Hong Kong Trade Development Council ( HKTDC) il cui executive director Frederick Lam aveva affermato che “come Hong Kong aveva costruito un network efficiente di logistica integrata così il Guangdong aveva realizzato altrettante infrastrutture logistiche: ciò avrebbe portato ad avere potenziali opportunità per la cooperazione in questo settore”.

La Pearl River Delta a quel tempo era l’area di traino della Cina con carichi destinati all’esportazione di materie prime, semilavorati e prodotti finiti. In quell’intervallo di tempo fino al 2005 possiamo registrare molti cases history di successo.

Nel 2019 vi era stato un primo aggiornamento  che ne aveva ampliati gli scopi e allargato a 153 settori l’operatività delle aziende coinvolte.

La rivitalizzazione del Cepa potrebbe, grazie a nuovi investimenti esteri, dare fiato all’economia di Hong Kong, ancora debole nonostante qualche segnale positivo, facendo leva sul mercato azionario che ad Hong Kong non ha ripreso ancora quello slancio che sarebbe necessario per creare il “confident sentiment”.

Le perfomance sulla piazza di Hong Kong di Alibaba dopo l’annuncio di investimenti straordinari per 53 miliardi di dollari e il boom di Deep Seek dei giorni scorsi potrebbero essere i primi segnali di quel rinnovato interesse di società in primo luogo tecnologiche a creare una massa critica del mercato azionario di quella piazza che sfidi i messaggi limitativi degli Stati Uniti che ne condizionano l’andamento. (riproduzione riservata)

*presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da 30 anni



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