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Nel 2024 l’economia tedesca si è contratta per il secondo anno consecutivo e le previsioni per il 2025
continuano ad essere riviste al ribasso in tutti i settori: nel migliore dei casi, la crescita sarà solo
marginalmente positiva. Ciononostante, la Germania è riuscita a mantenere sotto controllo il proprio
deficit di bilancio, che negli ultimi 3 anni è rimasto al di sotto del 3%, sensibilmente inferiore a
Francia, Italia e Spagna. La debolezza della crescita e il conseguente aumento del tasso di
disoccupazione hanno però scatenato un dibattito sulla regola del “freno al debito”, che limita il
deficit strutturale di bilancio annuale allo 0,35% del Pil. Non sorprende quindi che sia diventata una
questione importante nelle prossime elezioni del 23 febbraio.
I recenti sondaggi prevedono una netta vittoria dei partiti gemelli di destra, l’Unione Cristiano-
Democratica (CDU) e l’Unione Cristiano-Sociale in Baviera (CSU), con il 29,8% delle intenzioni di voto.
Il partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AFD) continua a guadagnare slancio con il
21,5% delle intenzioni di voto, mentre i Verdi e il Partito Socialdemocratico (SPD, di centro) si
attestano rispettivamente al 13,1% e al 16,1%. Altri tre partiti, FDP, BSW (di estrema sinistra
conservatrice) e Die Linke (di estrema sinistra) sono sulla soglia del 5%, necessaria per entrare in
Parlamento. È possibile che alla CDU/CSU basti un solo partito (Verdi o SPD) per ottenere la
maggioranza, tuttavia il nostro scenario di base rimane quello di una “Grande coalizione” guidata da
Friedrish Merz (CDU) come Cancelliere.
La questione più importante è se i contrari a qualsiasi riforma della regola del “freno al debito”
otterranno oltre il 33% dei seggi, soglia che bloccherebbe la modifica della Costituzione. L’AFD è
attualmente contraria, così come il BSW e Die Linke. Non è però irrealistico il raggiungimento di un
consenso sufficientemente ampio da consentire una modifica alla norma costituzionale.
Va sottolineato che i tre partiti che probabilmente formeranno la coalizione non condividono la
stessa posizione sulla riforma costituzionale: se la SPD e i Verdi sono più ambiziosi, CDU/CSU sono più
caute.
Veniamo alle proposte programmatiche di questi tre partiti. CDU/CSU intende applicare importanti
sgravi fiscali su famiglie e imprese, limitare i prezzi dell’elettricità, semplificare il processo di
immigrazione per i lavoratori qualificati e contenere l’accesso ad alcuni benefit sociali. L’SPD
vorrebbe ridurre le disuguaglianze attraverso un’imposizione fiscale sui redditi differenziata. I prezzi
dell’elettricità verrebbero moderati e semplificato l’accesso al mercato del lavoro per i lavoratori
stranieri qualificati. Infine, i Verdi offrono proposte simili a quelle della SPD, oltre a sussidi “climatici”
per le famiglie, escluse le più facoltose.
L’Istituto di ricerca economica di Colonia ha stimato l’impatto fiscale dei vari programmi in 70 miliardi
di euro per la CDU/CSU, 15 miliardi di euro per la SPD e 32 miliardi di euro per i Verdi. Di
conseguenza, è difficile collegare questi aumenti di spesa proposti con le posizioni dei partiti sulla
regola del freno al debito, soprattutto per la CDU dato che il partito è sempre stato visto come il più
virtuoso dal punto di vista fiscale.
Riteniamo probabile una riforma costituzionale dopo le elezioni tedesche, non prima di settembre,
anche se non è garantita qualora i piccoli partiti contrari superino il 5%.
L’impatto psicologico di una simile riforma non va sottovalutato. La prospettiva di prezzi
dell’elettricità più bassi e di tagli alle tasse sia per le imprese che per le famiglie probabilmente
influenzerà positivamente consumi e investimenti. Inoltre, non va trascurato l’effetto a catena sugli
altri Paesi dell’Eurozona: un aumento dell’1% del Pil della Germania porterebbe a un aumento dello
0,1% del Pil della Francia.
Per i mercati finanziari, questa sarebbe una notizia positiva e potrebbe portare ad afflussi verso i
mercati azionari europei. Il programma di CDU/CSU sembra sostenere settori come quello
immobiliare/infrastrutturale, automobilistico (probabilmente a favore di minori vincoli sulla CO2),
della difesa (maggiore spesa) e finanziario. Una tale riforma sarebbe positiva anche per l’euro.
Naturalmente, le elezioni tedesche non sono l’unico fattore che influenza i mercati e saranno
altrettanto importanti gli sviluppi delle politiche dell’amministrazione Trump così come qualsiasi
possibile stimolo fiscale da parte della Cina.
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