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L’ex premier all’Eurocamera punta l’attenzione su cambiamenti economici, politiche USA e sicurezza. E invita ad agire come un unico Stato: “L’Europa rischia la solitudine, non si può dire no a tutto”
Agire subito come un unico Stato. Perché il nuovo contesto attorno all’Unione europea richiede una risposta rapida, commisurata all’entità delle sfide e focalizzata sui settori che guideranno la crescita. L’appello ai Ventisette è arrivato ancora una volta da Mario Draghi che, parlando all’Eurocamera delle sfide per la competitività del blocco, è tornato ad esporre la sua ricetta per la salvezza: “Dobbiamo abbattere le barriere interne, standardizzare, armonizzare e semplificare le normative nazionali e spingere per un mercato dei capitali più basato sull’equity”. Ma non solo: per l’ex premier italiano conta anche il come si deciderà di agire: “velocità, scala e intensità” delle misure saranno infatti “essenziali”.
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Non solo Cina: ora ci sono anche gli USA
Draghi non ha dubbi: l’Unione europea deve attrezzarsi urgentemente per far fronte a novità nei cambiamenti economici e politici globali. “È sempre più chiaro che dobbiamo agire sempre di più come se fossimo un unico Stato: la complessità della risposta politica che coinvolge ricerca, industria, commercio e finanza richiederà un livello di coordinamento senza precedenti tra tutti gli attori: governi e parlamenti nazionali, Commissione e Parlamento europeo”, ha spiegato. Facendo notare che quando è stato steso il rapporto sulla competitività, il tema geopolitico principale era l’ascesa della Cina, mentre ora l’UE si trova ad affrontare anche i possibili dazi USA, che ne ostacoleranno “l’accesso al suo più grande mercato di esportazione”. Non solo: per l’ex numero uno della Bce, in futuro il Vecchio Continente potrebbe dover affrontare anche politiche pensate per attrarre le proprie aziende a produrre di più negli Stati Uniti, basate su tasse più basse, energia più economica e deregolamentazione. “E, se le recenti dichiarazioni delineano il nostro futuro, possiamo aspettarci di essere lasciati in gran parte soli a garantire la sicurezza in Ucraina e nella stessa Europa”, ha avvertito.
Draghi ha poi ripercorso i punti del suo rapporto sulla competitività, partendo dalla considerazione che vanno create le condizioni affinché le aziende innovative crescano in Europa anziché rimanere piccole o trasferirsi Oltreoceano. “Ciò significa abbattere le barriere interne, standardizzare, armonizzare e semplificare le normative nazionali e spingere per un mercato dei capitali più basato sul capitale azionario. Spesso siamo noi stessi i nostri peggiori nemici in questo senso”, ha scandito. Citando come esempio il regolamento sulla privacy dei dati che avrebbe aumentato per le aziende i costi dei dati del 20%. Altro tema cruciale per l’ex premier italiano è poi quello del risparmio che trasloca negli USA, “oltre 300 miliardi di euro all’estero ogni anno perché qui mancano opportunità di investimento”, ha rimarcato.
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Serve debito comune UE
Di quei soldi, invece, l’UE ha particolarmente bisogno. Per il programma di rilancio della competitività proposto da Bruxelles, infatti, “le esigenze di finanziamento sono enormi: 750-800 miliardi di euro all’anno è una stima prudente”. Ma su questo punto Draghi si è mostrato scettico: “Per aumentare la capacità di finanziamento, la Commissione sta proponendo una gradita razionalizzazione degli strumenti di finanziamento UE, ma non ci sono piani per nuovi fondi europei”, ha sottolineato. Facendo notare che il metodo proposto è quello di combinare gli strumenti UE con un uso più flessibile degli aiuti di Stato coordinato da un nuovo strumento europeo. “Mentre speriamo che questa costruzione fornisca il sostegno finanziario richiesto, il successo dipenderà dagli Stati membri che utilizzano lo spazio di bilancio a loro disposizione e che sono preparati ad agire all’interno di un quadro europeo”, ha osservato. Per l’ex banchiere centrale, resta cruciale invece l’emissione di debito comune. E questo “deve essere, per definizione, sovranazionale, perché alcuni Paesi non dispongono di spazio fiscale sufficiente nemmeno per i propri obiettivi, non hanno alcuno spazio fiscale”.
Il problema ‘esemplare’ della difesa UE
Quanto alla transizione verde, è necessario garantire parità di condizioni per il settore delle tecnologie pulite, “in modo che possa beneficiare delle opportunità della transizione”. In sostanza, ha detto l’ex premier, “la decarbonizzazione non può significare che perdiamo posti di lavoro verdi perché le aziende nei Paesi con più sostegno statale possono conquistare quote di mercato”. Draghi ha parlato anche di ricerca avanzata, intelligenza artificiale e, ovviamente, di difesa. Settore quest’ultimo nel quale la frammentazione della capacità industriale lungo linee nazionali impedisce la scala necessaria: “Anche se fossimo collettivamente la terza area che spende di più al mondo, non saremmo in grado di soddisfare un aumento della spesa per la difesa attraverso la nostra capacità produttiva”, ha evidenziato. Aggiungendo che i sistemi di difesa nazionali europei non sono né interoperabili né standardizzati in alcune parti chiave della catena di fornitura: “Uno dei tanti esempi in cui la UE è meno della somma delle sue parti”. “Se rimuoviamo le nostre barriere interne e aumentiamo la crescita della nostra produttività, ciò contribuirà ad aumentare il nostro spazio fiscale effettivo, darà una maggiore capacità di finanziare progetti che servono un bene pubblico ma che il settore privato difficilmente toccherà, come la decarbonizzazione dell’industria pesante”, ha precisato.
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Non si può dire no a tutto
“L’UE è stata creata per garantire pace, indipendenza, sicurezza, sovranità e poi sostenibilità, prosperità, democrazia, equità. Di base siamo riusciti a garantire tutto questo. Ora il mondo confortevole è finito, e dobbiamo chiederci, vogliamo difendere questi valori o dovremmo andarcene, e andarcene dove?”, ha infine detto Draghi replicando in Aula alla European Parliamentary Week. “Non si può dire no a tutto, altrimenti bisogna ammettere che non siamo in grado di mantenere i valori fondamentali dell’UE. Quindi quando mi chiedete ‘cosa è meglio fare ora’ dico che non ne ho idea, ma fate qualcosa”, ha concluso.
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