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La piccola e media impresa italiana è fatta di perle nascoste. “È qui che germogliano le multinazionali tascabili, capaci di conquistare i mercati internazionali. Un tessuto prezioso, dove crescono, spesso sotto la guida di una famiglia imprenditoriale, business ben governati, di grande qualità, profittevoli. Un luogo dove si continua a fare innovazione. Ma perché tutto questo avvenga e funzioni servono capitali e nuove competenze”.
Ugo Loeser, amministratore delegato di Arca Fondi sgr, società di gestione del risparmio fondata nel 1983, tra le principali realtà nel panorama del risparmio gestito italiano, con masse investite pari a 44 miliardi di euro, quel mondo lo conosce bene: un mercato ancora poco battuto dai grandi investitori internazionali, eppure assai attraente, perché ingiustamente penalizzato dal rischio Paese, e dove Arca può vantare competenze distintive, essendo tra i leader nel segmento dei Pir, i piani individuali di risparmio, con una quota del 14% (fonte: Assogestioni, dati al 31 dicembre 2023), dieci volte quello che è il peso relativo della sgr nel più ampio mercato domestico dei fondi comuni.
Lo sbarco di Arca Fondi nei mercati privati
Lo sbarco di Arca Fondi nei mercati privati, con un focus preminente sulle pmi italiane dotate di un significativo potenziale di crescita, è una naturale evoluzione di quella esperienza: “alcuni nostri clienti istituzionali ci hanno incoraggiato in quella direzione”, dice Loeser.
Così, 18 mesi fa, 40 anni dopo la fondazione, Arca ha lanciato il suo primo fondo di private equity, Arca Space Capital, creato in partnership Space Capital Advisors, società che fa capo ai partner Carlo Pagliani, Edoardo Subert, Alfredo Ambrosio e Laura Selvi, professionisti dotati di comprovata esperienza e know how nel private equity, in passato già promotori di quattro Spac e due investimenti di private equity tramite una piattaforma di club deal, per un investimento di oltre 1 miliardo di euro negli ultimi dieci anni.
Il team fa parte del comitato investimenti del fondo e affianca Arca Fondi nella selezione delle opportunità di investimento, nell’esecuzione delle operazioni e nella gestione delle imprese in portafoglio. “Sono molto soddisfatto degli investimenti che abbiamo già realizzato”, dichiara Loeser a Family Office. La prima operazione, un anno fa al fianco del Fondo Italiano di Investimento e altri co-investitori su Rina spa, uno dei principali player a livello internazionale attivo nei settori della consulenza ingegneristica e del Testing, Inspection & Certification (Tic).
Poi, a maggio, l’investimento in Mosaiq Group, nuova realtà specializzata nel packaging sostenibile per l’industria del lusso, che aggrega cinque aziende italiane leader nel settore: Valtenna, Bulgarelli Production, D’Auria Packaging, CO.Ri Sacchettificio e Brand Label.
Infine, in estate, l’acquisizione, insieme ad Alto Partners, di Eurosirel Spa, azienda leader nella produzione e commercializzazione di dispositivi innovativi per la medicazione e la cosmesi. “Altre due operazioni sono in pipeline”, dice Loeser.
Di cosa si tratta?
Posso solo dire che rimaniamo focalizzati su alcune delle nostre aree di forza la clean transition, il pharma e il lusso – e su size medie, che tipicamente non vengono intercettate dai grandi fondi internazionali, come Kkr e Blackstone. Continueremo a investire in operazioni con un target di equity ticket per ogni deal compreso tra i 20 e i 60 milioni di euro, in imprese con un fatturato fino a 300 milioni di euro. E continueremo a valutare la possibilità di realizzare co-investimenti con investitori selezionati.
Lancerete altri fondi?
Per adesso l’obiettivo è chiudere il nostro primo fondo, il closing è fissato a 200 milioni, siamo vicini al traguardo. A quel punto, forti del track record degli investimenti fatti, andremo avanti. Per esempio, io credo che il segmento degli eltif in futuro si svilupperà in modo importante, anche per effetto del cambiamento normativo intervenuto ormai un anno fa. Man mano che la domanda cresce, anche e soprattutto all’estero, prenderà forma un mercato secondario, sarà quindi un segmento meno illiquido. Piaccia o meno, oggi i prodotti illiquidi fanno ancora fatica ad affermarsi nel segmento delle famiglie private. Lo sviluppo dei private asset che serve per accompagnare la crescita del Paese è legata a un cambiamento necessario dell’asse istituzionale.
In che direzione?
Dobbiamo copiare quello che hanno fatto altri Paesi, sviluppare di più la previdenza integrativa, che insieme ai family office rappresenta il compratore più significativo di asset privati. Non è solo un tema di risorse da far affluire all’economia reale.
Di cosa si tratta, allora?
Dell’ingresso di professionisti, competenze e capitali disciplinati in grado di favorire tre processi chiave per l’azienda. Primo: un approccio strutturato all’innovazione. L’innovazione di prodotto e di processo costa. Serve una combinazione di capitali e competenze manageriali consolidate a supporto delle decisioni strategiche dell’imprenditore. Secondo: molte aziende hanno bisogno di spingere l’acceleratore sull’internazionalizzazione. L’evoluzione del quadro geopolitico porterà a cambiamenti strutturali, pensiamo alla crescita dell’India a scapito della Cina, accelerata da un probabile nuova guerra commerciale. Per aprire nuovi mercati serve disciplina negli investimenti, nei piani finanziari, nella governance. E poi c’è il terzo tema, non meno importante: la capacità di attrarre i talenti. Un private equity è in grado di farlo tipicamente meglio rispetto a una famiglia, con le sue dinamiche interne…
La crescita dei mercati privati, del resto, non è un fenomeno che riguarda solo l’Italia…
Gli asset privati si sono già sviluppati molto di più in altri Paesi. Basta guardare agli Stati Uniti: oggi il numero di società quotate a Wall Street è la metà rispetto a 25 anni fa. I costi legati alla quotazione, anche in termini di perdita di controllo e burocrazia, è divenuto per molte imprese insostenibile. A sua volta, la regolamentazione bancaria ha ridotto le risorse disponibili per finanziare l’innovazione e allungato enormemente i tempi per le delibere dell’erogazione di credito, a livelli che spesso non sono compatibili con le necessità dell’imprenditore. I private market saranno una fonte indispensabile anche e soprattutto per finanziare la sete di nuove infrastrutture.
Intanto, la lettura dei mercati, anche quelli quotati, è sempre più complessa. In un’industria competitiva, non si può essere bravi a fare tutto. Quali sono le aree di specializzazione in cui Arca può fare la differenza?
Siamo molto bravi, ad esempio, a portare in tempi ristretti nuove opportunità di mercato all’attenzione dell’investitore privato, attraverso asset allocation molto efficienti, grazie anche all’uso sapiente di derivati e leva finanziaria. Oggi sul mercato vincono strategie molto diverse rispetto a quelle che funzionavano in era pre-covid, pre-guerra, pre-tightening…Noi siamo veloci a fare innovazione di prodotto ed efficaci nella gestione dinamica del rischio. Per i nostri investitori ha un valore enorme. Non solo. La sostenibilità per noi è un tema imprescindibile.
L’attenzione alla transizione climatica sembra essere uscita, però, dal radar di molti investitori. Il ritorno di Trump alla Casa Bianca non è di buon auspicio…
Non esiste un pianeta B pronto ad accoglierci. La sostenibilità deve essere inclusa nelle decisioni d’investimento in modo rigoroso. Noi abbiamo fatto un grosso investimento per dotarci di un modello proprietario di analisi dei fattori Esg, ambientali, sociali e di governance. Siamo già in grado di misurare l’impronta di carbonio, attuale e prospettica, di tutti i nostri prodotti d’investimento. Alcuni fondi, poi hanno un vincolo stringente in termini di gestione, altri no.
L’analisi Esg merita attenzione anche nei mercati privati?
Integrare l’analisi finanziaria e i fattori Esg ha molto senso soprattutto per le pmi, perché la loro attrattività, e anche la finanziabilità, è strettamente legata al profilo di sostenibilità. Una media e piccola azienda che ha bisogno di capitali deve dimostrare attenzione a questo tema. Anche da questo punto di vista, l’economia reale del nostro Paese offre opportunità straordinarie.
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