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Spesso viene alla mente – in questi tempi di lenta e inesorabile caduta della produzione manifatturiera italica ed europea – che non si tratti di un problema che possa essere risolto solo con provvedimenti tecnico-economici e di economia politica allo stato puro, ma che vi siano questioni culturali di lungo periodo che coincidano in larga parte con quello che un tempo – quando esisteva ancora l’analisi sociale della politica e dell’economia – si definiva il tema della perdita di status del personale dirigente industriale dell’Italia.
Le parole che l’amato Elias Canetti scrisse su Hermann Broch, il grandissimo autore desolato della trilogia de I sonnambuli, che ben rappresenta la perdita di senso del ruolo del sé che colpì – prima della Guerra mondiale del 1914 – la classe dirigente dell’impero guglielmino e austroungarico che stava disgregandosi, sono quanto mai attuali.
Scriveva Canetti di Broch: “Non di rado, nelle sue frettolose camminate, Broch veniva a trovarci nella Ferdinandstraße. Mi pareva di vedere in lui un uccello, grande e bellissimo, ma con le ali mozze. Sembrava che si ricordasse di un tempo in cui poteva ancora volare…”. Di certo, neanche in disgrazia, il passo di Broch avrebbe potuto esser confuso con quello del burattino a molla, da despota destinato alle tenebre del delirio, del vecchio aristocratico von Pasenow, singolare figura di prussiano che camminava in modo marziale per Berlino, e sul cui ritmico e antipatico colpo di bastone (antipatico perché contrasta per energia con l’implosione di un personaggio in via di estinzione mentale e sociale), si aprono I sonnambuli.
Anche i nostri industriali europei e italiani, che tanto amiamo, si sono comportati per anni e anni come i sonnambuli di Broch. Ora è giunta l’ora della verità, di molte verità.
Quella della caduta degli ordini e della produzione che colpisce le imprese di qualsivoglia dimensione siano, altro non è che anche la conseguenza del fatto che burattini a molla e sonnambuli – pur così dinamici e vivaci nel loro mondo aziendale racchiuso in sé e nei loro mercati – non abbiano elaborato strategie di sussistenza e di reazione positiva in ambienti ostili e dominati dall’aliena burocratizzazione europea.
E l’ostilità – ed ecco la novità – non viene ormai solo dal mercato e dai fattori della valorizzazione del capitale, ma dall’ambiente istituzionale e in primis dall’Ue, con le regole imposte dall’alto sulla cosiddetta transizione green, che non è sostenibile né come prezzi, né come organizzazione delle produzioni.
Il problema sonnambulesco che colpisce l’industria italiana ed europea viene da lontano: commissari si sono succeduti a commissari e hanno emanato regolamenti su regolamenti su tutto senza mai sentire qualcuno che avesse il fegato di reagire intelligentemente e non attendere quella briciola di potere… europeo… che non c’è. Per anni e anni molti sonnambuli hanno fatto parte di comitati, sottocomitati, pre-comitati e hanno fatto parte di presidenze e sottopresidenze e amicali rapporti con tecnocrati e caciqui che siedono in Europa… ma per fare gli interessi di costoro, di personale politico senza stanze, di pseudo-logge dell’Ue medesima che hanno iniziato a trasformarli in sonnambuli e da allora nulla dicono più: annuiscono.
E oggi ritornano a dir la loro, ma sempre a bassa voce, al seguito di leader di partiti dove vi sono i fedeli dei caciqui che nell’Ue lavorano nelle segrete stanze dove li accolgono i dioscuri delle regole stantie e delle verità dette a voce sempre più bassa, guerre o non guerre. È così che si accumulano le catastrofi: gli uomini e le donne non reagiscono, vagano e non sanno quali luoghi e quali interessi dovrebbero rappresentare, ma le cifre della produzione sono implacabili.
I sonnambuli dormono e i folletti della crisi festeggiano.
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