Imprenditori italiani voltano le spalle alle banche: cresce l’autofinanziamento

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Negli ultimi quindici anni, la narrazione dominante ha spesso addossato alle banche la responsabilità della cosiddetta “stretta creditizia”, accusandole di aver chiuso i rubinetti del credito verso le imprese italiane. Tuttavia, i dati più recenti sembrano ribaltare questa prospettiva, suggerendo che siano stati proprio gli imprenditori a ridurre il ricorso ai prestiti bancari, preferendo altre forme di finanziamento. A evidenziare questo cambiamento è l’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, che ha analizzato le dinamiche del credito e dei depositi delle imprese, con risultati che lasciano poco spazio ai dubbi.

Secondo l’indagine, la domanda di credito da parte delle aziende è crollata in modo significativo, mentre è aumentato il ricorso all’autofinanziamento. Questo fenomeno, che potrebbe sembrare paradossale in un contesto economico spesso descritto come fragile, trova una spiegazione nelle strategie adottate dagli imprenditori per far fronte alla mancanza di liquidità. Molti di loro, infatti, hanno scelto di attingere a capitali propri, provenienti dai soci o da investitori esterni, oppure di rivolgersi al mercato dei capitali, sfruttando l’azionariato diffuso. Una tendenza che, se da un lato evidenzia una maggiore autonomia finanziaria, dall’altro solleva interrogativi sulle reali difficoltà di accesso al credito, soprattutto per le piccole e medie imprese.

La situazione non è uniforme in tutta Italia. La regione Ciociaria, per esempio, si colloca al terzo posto nella classifica delle aree con il maggior calo di prestiti alle imprese, mentre la provincia di Roma registra la percentuale più elevata, con un impressionante 46% di riduzione delle richieste di credito. Un dato che, se da un lato conferma la tendenza nazionale, dall’altro mette in luce differenze territoriali significative, legate forse a fattori strutturali o alla diversa composizione del tessuto imprenditoriale.

Anche in Umbria, le aziende sembrano preferire l’autofinanziamento, ricorrendo meno alle banche. Questo approcio, tuttavia, non sempre è frutto di una scelta libera e consapevole. Per molte piccole imprese, infatti, i paletti posti dagli istituti di credito continuano a rappresentare un ostacolo insormontabile, costringendole a cercare alternative. Alcune hanno fatto ricorso ai risparmi accumulati durante la ripresa post-Covid, altre hanno optato per soluzioni più strutturate, come l’emissione di azioni o il ricorso al mercato dei capitali. Una strategia che, sebbene efficace nel breve periodo, potrebbe nascondere rischi legati alla sostenibilità finanziaria nel lungo termine.





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