Bruxelles pronta alle ritorsioni contro gli Usa: allo studio restrizioni all’import agroalimentare

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L’Unione europea sembra pronta a rispondere con fermezza alle politiche commerciali aggressive di Donald Trump. Secondo il Financial Times, la Commissione Ue sta valutando nuove restrizioni sulle importazioni di prodotti agroalimentari dagli Stati Uniti, al fine di garantire che i beni in ingresso rispettino gli stessi standard di sicurezza e qualità imposti ai produttori europei. Una mossa che ricalca il principio di reciprocità più volte evocato dall’ex presidente americano.

La proposta prevede limitazioni su alcuni prodotti come la soia, coltivata negli Usa con pesticidi vietati in Europa. «Abbiamo molto chiari i segnali del Parlamento, degli Stati membri e dei nostri agricoltori: qualsiasi cosa sia vietata nell’Ue, deve rimanere vietata anche se importata», ha dichiarato il commissario alla Salute Oliver Varhelyi. L’Ue, infatti, vieta numerosi pesticidi considerati dannosi per l’ambiente e la salute, mentre negli Usa l’utilizzo di alcune sostanze è ancora consentito. La questione ha già innescato tensioni con Washington, soprattutto dopo le recenti accuse di Trump, che ha definito ingiuste le restrizioni europee su alcuni prodotti statunitensi, come i molluschi.

L’ipotesi di nuove barriere all’importazione ha suscitato reazioni contrastanti. Per la presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, si tratta di «una notizia positiva: garantire una concorrenza più equa, basata su standard comuni, è essenziale per valorizzare il lavoro degli agricoltori e difendere il principio di reciprocità nel commercio internazionale». Non mancano, tuttavia, le preoccupazioni per un’escalation. Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha sottolineato che «il 2025 è l’anno più difficile su cui incombe anche la guerra commerciale con gli Usa, che dobbiamo assolutamente scongiurare. Per questo, ha aggiunto, «dobbiamo fare il massimo sforzo sia sul fronte delle risorse sia su quello delle riforme, in Italia e Ue». Anche Manfred Weber, leader del Ppe, ha ribadito la necessità di una maggiore condivisione delle scelte. «Come politico europeo penso che sia necessario che l’Europa agisca unita nel caso in cui Trump avesse davvero intenzione di procedere con i dazi».

Nessuna vera risposta, tuttavia, ha ricevuto la sollecitazione di Mario Draghi sulle colonne del Financial Times. «L’Europa ha imposto con successo dazi su se stessa», ha affermato l’ex presidente della Bce, denunciando l’incapacità dell’Ue di affrontare i propri vincoli di fornitura e le elevate barriere interne, che risultano «molto più dannose per la crescita di qualsiasi tariffa che gli Stati Uniti potrebbero imporre».

Secondo Draghi, Bruxelles ha di fatto irrigidito le proprie regolamentazioni interne in misura tale da penalizzare la competitività delle imprese, mentre gli Stati Uniti hanno spinto massicci investimenti nell’economia, con un impatto complessivo di 14mila miliardi di euro dal 2009 al 2024, contro i soli 2.500 miliardi immessi dall’Eurozona. La ricetta proposta da Draghi è chiara: «Un uso più proattivo della politica fiscale», con maggiori investimenti in ricerca e sviluppo per ridurre i surplus commerciali e incentivare l’innovazione.

La banca giapponese Nomura ha confermato le stime del governatore di Bankitalia, Fabio Panetta. In caso di dazi Usa al 10%, il Pil dell’Eurozona potrebbe ridursi di 0,2-0,3 punti percentuali, con il maggiore impatto a carico di Italia e Germania.



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