I limiti del golden power nel risiko bancario

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Ultim’ora news 13 febbraio ore 20


Sono rimasto molto colpito dall’affermazione di un membro del governo che contro la opa di Unicredit su Bpm possa esercitarsi il golden power, con l’argomentazione che Unicredit sia un’impresa a capitale straniero. Molto è stato scritto sulla trasformazione, originata dalle molteplici censure della Corte di giustizia dell’Unione Europea, della golden share, legata a una partecipazione societaria pubblica nella società cessionaria, nel golden power, che si regge sul potere attribuito al governo di impedire la cessione o comunque atti di straordinaria amministrazione di imprese operanti in settori strategici a capitali cosiddetti stranieri.

I settori strategici in cui trova applicazione il golden power

I settori strategici, originariamente circoscritti alla difesa e alla sicurezza nazionale, hanno trovato un successivo significativo ampliamento nelle reti infrastrutturali, nell’energia, nelle tecnologie, nella sanità, nelle telecomunicazioni, nei settori finanziari e assicurativi e persino nel settore agroalimentare. Resta fermo però il principio che tale istituto possa trovare applicazione solo in caso di rischio per la sicurezza e l’ordine pubblico e per la tutela dell’interesse nazionale in settori e filiere strategiche.

I progressivi ampliamenti settoriali han fatto sì che nella prassi economica vengano notificate al governo acquisizioni, cessioni, fusioni, atti di straordinaria amministrazione effettuate da imprese italiane o da investitori italiani relative ad imprese e società anch’esse italiane. Orbene tale prassi, dettata dall’evitare il rischio di una sanzione per la mancata notifica, va ben oltre la ratio e la lettera della norma sul golden power.

Come Unicredit può esser definita banca straniera 

Ciò premesso appare lecito chiedersi se possa essere definita «straniera» una società come Unicredit ad azionariato diffuso con un capitale flottante pari al 100% delle azioni, quotata alla Borsa di Milano con una rete di sportelli e con un volume di raccolta e di impieghi maggiormente presenti sul territorio italiano. Mi corre l’obbligo di affermare che, nonostante avversa dottrina, a mio modesto avviso il golden power non è applicabile ai capitali provenienti dall’Ue, perché in tal caso ci troveremmo in una palese violazione delle norme eurounitarie in materia di libera circolazione dei capitali e tale applicazione sarebbe censurata dalla Corte di Giustizia di Lussemburgo.

Rammento che un’ipotizzata applicazione di tale istituto all’acquisizione da parte della francese Safran della Microtecnica non ha poi trovato applicazione. È certamente vero che a oggi il 38% del capitale di Unicredit faccia riferimento a investitori provenienti dagli Stati Uniti e un ulteriore 26% a investitori del Regno Unito, ma questa situazione ha un carattere fotografico e non dinamico, se si riflette che il 100% delle azioni è quotato.

Attribuire una nazionalità alle banche

Se dunque l’elemento della proprietà contingente non è dirimente, esso, proprio per l’assenza di un azionista di riferimento stabile, difficilmente può qualificare come straniera un’impresa. Più logicamente per attribuire una nazionalità ad una banca dovremo fare riferimento alla sua sede legale, alla vigilanza della Banca Centrale Europea, al controllo della Consob, alla sottoposizione al giudice italiano dei suoi contenziosi, alla cittadinanza dei suoi dipendenti, alle citate provenienze dei risparmi raccolti e alle nazionalità delle imprese e delle famiglie che attingono ai suoi finanziamenti.

Altro e diverso discorso è la difesa dell’indipendenza e dell’identità di un istituto come Banco Bpm, che da sempre opera nel territorio con una forte integrazione economica e sociale. Ciò può essere correttamente perseguito ma non con il golden power. (riproduzione riservata)

*professore di diritto del Mercato e degli Strumenti Finanziari dell’Università La Sapienza di Roma



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